Google e l’O rga ni zza zion e
mondiale della sanità (Oms)
hanno lavorato insieme «per
fare avere le giuste informazioni alle persone quando ne
avevano più bisogno», in epoca
Covid. Adesso, «aumenteremo
il nostro impatto sulla salute
per miliardi di persone», dichiara l’azienda statunitense
sviluppatrice dell’omon imo
motore di ricerca, annunciando un accordo di collaborazione pluriennale con l’Oms «per
continuare a fornire informazioni sanitarie credibili», rispondendo «a problemi di salute pubblica emergenti e futu r i » .
Prospettiva rassicurante?
Niente affatto. Non bastano i
finanziamenti dati, per fornire garanzie. Google fa sapere di
aver donato all’Oms oltre 320
milioni di dollari in pubblicità
tramite Ad Grants, il programma per le no profit che permette di creare delle campagne
sulla rete di ricerca. Si tratta
della donazione più grande, in
assoluto, fornita dall’azien da
informatica. E, sempre Google, annuncia di avere stanziato altri 50 milioni di dollari per
il 2023, sempre «per sostenere
l’Oms nel continuare il suo lavoro di grande impatto nella
sanità pubblica». In nome della scienza o dando voce solo a
quello che si vuole propagandare in via ufficiale, come
quando si è sostenuto il vaccino quale unico rimedio, senza
c o ntrad d i tto r io?
Basta guardare l’esito della
strategia messa in atto con
l’Oms, racchiusa nel dossier Il
potere della collaborazione di
fronte a la pandemia di C o vid -
19: Google e l’O rganizzazione
mondiale della sanità. Vi si legge che, dall’inizio dell’e me rgenza sanitaria internazionale, le persone che si sono affidate a Google «centinaia di milioni di volte al giorno, con domande relative alla salute», sarebbero state aiutate a trovare
«prodotti di alta qualità, informazioni affidabili basate su
dati pertinenti su dove vivevano, da fonti attendibili in risposta alle esigenze degli utenti». Hema Budaraju, direttore
senior dell’impatto sociale
della ricerca presso Google, ha
sostenuto: «Non importa quello che stai cercando, la nostra
mission è darvi informazioni
tempestive, pertinenti». Peccato che nulla risulti dal motore di ricerca di Google in tema
di studi che rivelino complicanze nelle campagne vaccinali e nell’utilizzo dei farmaci
anti Covid a mRna, se non per
classificarli come fake news.
Il metodo adottato, grazie al
quale ogni opinione contraria
al vaccino veniva esclusa dal
motore di ricerca, è subito
chiarito. Per quando riguarda
Youtube, la piattaforma video
di Google che nel 2021 ha registrato oltre 110 miliardi di visualizzazioni sulla salute, «l’obiettivo principale è stato la rimozione di disinformazione
dannosa, promuovendo contemporaneamente contenuti
da autorità sanitarie credibili». È proprio l’azienda a vantarsi di aver rimosso «oltre 1,5
milioni di video correlati alla
pericolosa disinformazione
del coronavirus, bufale e fake
news», nei primi due anni della pandemia.
Nemmeno veniva lasciata
agli utenti, la facoltà di scegliere che cosa leggere o come documentarsi perché da Internet spariva ogni riferimento
estraneo al flusso informativo
mainstream. Ma non basta,
per il gigante della ricerca online, che afferma di voler continuare la collaborazione con
l’Oms per «sostenere la trasformazione digitale in contesti con poche risorse», attraverso anche Open health
stack, un programma lanciato
a marzo per consentire agli
sviluppatori di creare app relative alla salute di nuova generazione, con soluzioni già usate nell’Africa subsahariana, in
India e nel Sud Est asiatico.
App che seguirebbero le raccomandazioni dell’agenzia (come è accaduto in epoca Covid?) e che nascono avvalendosi di sviluppatori specializzati
nel settore sanitario come
Ona, Iprd Solutions, Argusoft,
Intellisoft, cui saranno fornite
«le giuste informazioni di cui
hanno bisogno, decisioni basate sull’evidenza per i loro pazienti». Quale evidenza? Quella che epura i contraddittori
nel mondo scientifico?
Il tutto, grazie a partnership
con multinazionali come Samsung. Salute sì, forse, ma anche tanto business con la benedizione dell’Oms. Google dichiara pure l’obiettivo di «preparare le comunità per future
minacce alla salute pubblica»,
rivelando una presunzione assoluta nel fornire strumenti
adeguati, sempre d’intesa con
l’Oms, «per un positivo impatto sulla vita delle persone», fa
sapere la dottoressa Karen DeSa lvo, responsabile sanitario
dell’azienda informatica.
Non più solo sul Covid: Ad
Grants sarà usato per tematiche quali salute mentale, influenza, vaiolo delle scimmie,
Ebola, con oltre 28 milioni di
annunci di servizio pubblico
in sei lingue. Quest’anno arriveranno altri 50 milioni di dollari per sostenere la versione
gratuita di Google Ads, marketing digitale, grazie alla quale
l’Oms metterà in contatto «il
maggior numero possibile di
persone con informazioni auto revo l i » .
Molti dubbi rimangono sull’effettiva autorevolezza dei
contenuti forniti a così tanti
utenti e sull’oscurazione, invece, di questioni scomode ma
fondamentali di salute pubblica. Anche perché Andy Pattison, responsabile dei canali digitali dell’O rga ni zzaz io ne
mondiale della sanità, sostiene che «il lavoro svolto durante
la pandemia ci ha permesso di
dare informazioni importanti
a così tante persone che ne
avevano bisogno, come altrimenti non avremmo potuto fare». Una trasformazione digitale, con gli approcci di censura scientifica che abbiamo
drammaticamente sperimentato in tre anni di emergenza
Covid, non fa sperare in molto
di buono.
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