STUPIDA RAZZA

domenica 4 giugno 2023

«Progressisti scatenati contro la famiglia, che è l’ultimo vincolo»

 

Andrea Zhok, fra i più interessanti pensatori in circolazione, analizza l’assalto ai valori tradizionali: «L’ideale sociale del progressismo liberale è la liquefazione di ogni vincolo che non sia economico-contrattuale». Applicato alla famiglia ciò significa una cosa sola: «Disfacimento».Andrea Zhok è uno dei pensatori più autorevoli e stimolanti degli ultimi anni, e particolarmente affascinante è il suo nuovo libro, agile e urticante, in uscita per l’editore Il Cerchio. Si intitola Oltre «destra» e «sinistra»: la questione della natura umana, e non risparmia nessuno. Al centro del suo libro mi pare che ci sia l’ideologia oggi realmente egemonica: il progressismo liberale. Come potremmo definirlo? «Si tende ad identificare il progressismo con la sinistra, ma in effetti il progressismo è u n’ideologia trasversale egemone che attraversa destra e sinistra. Progressismo è l’id ea che sia di valore tutto ciò che rappresenta il cambiamento, l’innovazione, l’abbatt i me nto del passato in vista del futuro. È l’ideologia della morte delle ideologie, in quanto non fa riferimento a nessun valore salvo un vago “andar avanti” pur - chessia. È, per questo motivo, u n’ideologia che si adatta bene anche ad ogni opportunismo politico perché è sempre possibile inventarsi una bella storia per dire che la direzione del “p rog re s s o” è, guarda caso, proprio quella che si sta prendendo di volta in volta. L’ag - giunta «liberale» a «progressismo» ricorda che le sue origini stanno nella teoria liberale, che è una teoria che dalle sue origini rigetta strutturalmente ogni fine condiviso, ogni valore guida, ogni gerarchia di senso». Lei sostiene che destra e sinistra siano due varianti di questo progressismo. Perch é ? «Il progressismo liberale ha avuto storicamente due principali incarnazioni, una legata ad un’idea pseudoevoluzionista, di darwinismo sociale, dove il “p rog re s s o” era immaginato come “vittoria del più forte”, e il “più forte” era semplicemente quello con il conto in banca più cospicuo (che fossero soldi ereditati, rubati, frutto di speculazione, o guadagnati lavorando è irrilevante). La seconda incarnazione pensa invece il progresso come semplice superamento di tutto ciò che è consolidato: del passato, delle identità personali e collettive, della tradizione, ecc. La prima versione è stata più spesso abbracciata a destra, la seconda a sinistra. Ma esse tendono a convergere nel tempo perché hanno un cuore comune (di cui sono inconsapevoli): assumono che per definizione la direzione del “nu ovo”, dell’“ ava nt i” s ia “b e n e”. A destra questo ha spinto ad abbracciare un mercatismo illimitato, dove gli esiti della competizione economica sono letti come automaticamente buoni; a sinistra questo ha spinto ad abbracciare una frenesia “nuov i s ta” del - la cancellazione culturale. Ma la comunanza profonda nel progressismo liberale spinge costantemente destra e sinistra ad avere agende sempre più sovrapponibili, e questo processo è sotto gli occhi di tutt i”. Pare di capire che il progressismo liberale sia l’u n ica forza realmente rivoluzionaria. Anche se si tratta di una rivoluzione contro la natura umana… «Il progressismo liberale è una forza naturalmente eversiva, spontaneamente distruttiva. “R ivo lu z io n a r io” è un aggettivo che ha cominciato ad acquisire un senso positivo dopo la Rivoluzione francese, ma di per sé non ha una connotazione più positiva che negativa. Dipende cosa vuoi abbattere. Una rivoluzione è qualcosa di positivo se abbatte forme di dominio oppressive, crudeli, non rappresentative, ma chiacchierare di «rivoluzione permanente» come è stato fatto talvolta è semplicemente un altro modo di chiamare il nichilismo, l’amore per la distruzione fine a sé stessa». In teoria, il pensiero cosiddetto di destra dovrebbe avere se non altro gli strumenti per contrastare questa rivoluzione. O no? «Ci sono strumenti utili nella tradizione conservatrice (che non coincide se non in piccola parte con la destra), così come ci sono strumenti utili nella tradizione del socialismo marxiano (che non coincide se non in piccola parte con la sinistra). Ripeterò fino alla nausea che utilizzare queste categorie oggi finisce per mettere insieme linee di pensiero incompatibili, contribuendo alla confusione: Martin Heidegger o Alasdair MacIntyre sono pensatori conservatori, ma dirli “di destra” è insensato in quanto li mette nello stesso calderone, per dire, con Ayn Rand o Milton Friedman, rispetto a cui sono letteralmente agli antipodi. Simili confusioni si producono a sinistra». Perché il progressismo liberale attacca prima di tutto la famiglia? «Perché la famiglia è il nucleo comunitario naturale più resistente e difficile da scalzare, un nucleo dove fa difficoltà ad imporsi l’idea della competizione illimitata, della contrattualizzazione dei rapporti, dell’anonimato delle relazioni. L’ideale sociale del progressismo liberale è la liquefazione di ogni vincolo che non sia economico-contrattuale, ma una famiglia dove inizino a dominare i vincoli economico-contrattuali è una famiglia in via di disfacimento, destinata a non riuscire più a svolgere le funzioni che le sono p ro p r ie » . Nel libro lei si occupa della maternità surrogata. Sembra che la sinistra attuale sia intenzionata a sostenerla ritenendola un «nuovo diritto». Perché va rifiutata secondo l ei ? «Le motivazioni per rigettare la maternità surrogata sono molte, trattandosi di un abuso potenziale sia per le madri “af - f i ttate” sia per i nascituri, ma una spiegazione articolata meriterebbe una trattazione a sé. Io qui mi soffermo solo sull’aspetto che rende la maternità surrogata così attraente per il progressismo liberale egemonico. La maternità surrogata rientra magnificamente in un sistema di divisione del lavoro capitalista, dove anche fare figli e allevarli possono diventare lavori esternalizzabili a terzi. Oggi la maternità è presentata continuamente solo nella veste di un onere, un ostacolo, una zavorra - cosa che in una società tutta votata alla competizione economica è naturalmente in primo piano. Invece di percorrere la soluzione dove si comprende che è interesse di una società fare figli e allevarli con cura e amore - e la società se ne fa carico anche economico - si preferisce percorrere la strada mercatista dove fare figli diventa un mestiere tra gli altri, da pagare - il giusto (in teoria) o il minimo (in realtà). Quando si tratta di maternità surrogata bisogna capire che una volta aperta la porta a questa pratica essa tende a estendersi, diffondersi, normalizzarsi perché tutta la pressione sociale va in questo senso». Lei è anche molto critico rispetto alla fluidità di genere. Può spiegare il motivo? «Anche qui tratto il tema solo come tendenza culturale generale. La cosiddetta “flui - dità di genere” è una grossolana sciocchezza sul piano antropologico e psicologico. Esiste, ed è sempre esistita, una percentuale della popolazione che ha un orientamento bisessuale, ma questo non c’en - tra nulla con la presunta “flui - dità di genere” che invece è una concezione puramente ideologica per cui la sessualità sarebbe un oggetto di libera scelta, di moda culturale, di opinione mutevole a piacimento. Ciò che rende la “flui - dità di genere” attraente per il progressismo liberale è di nuovo la sua conformità ad una concezione dove ogni elemento solido, non negoziabile, nella natura umana è percepito come un ostacolo da superare e dove anche la sessualità viene immaginata come qualcosa da scegliere sugli scaffali del supermercato». Infine, demolisce il «femminismo rivendicazionista». Di che si tratta esattamente? «Nel testo, com’è doveroso fare, specifico che il femminismo ha molte componenti ed ha una storia in cui, per oltre un secolo e mezzo, ha rappresentato un movimento culturale semplicemente necessario. Tuttavia nella versione divenuta prevalente (non unica) a partire dagli anni Settanta del XX secolo si è imposta una visione che concepisce il rapporto tra i sessi in una forma perennemente rivendicativa in cui l’altro sesso è presentato nel migliore dei casi come una sorta di controparte sindacale, nel peggiore come un nemico naturale. Questa visione belligerante dei rapporti tra i sessi si è imposta paradossalmente nel momento in cui sul piano dei diritti effettivi in occidente la parità era sostanzialmente raggiunta. Tale visione aggressiva non è connessa se non accidentalmente a “torti da raddrizzare”, ma è perfettamente in linea con la visione neoliberale della società dove ogni individuo deve usare ogni mezzo a propria disposizione per “gu ad ag na re pu nt i” rispetto al prossimo, e dove la rottura di ogni solidarietà interumana (a partire dalla famiglia) è un obiettivo 

p r i m a r io » . Diranno che lei è di destra, lo sa vero? «Sarebbe piacevolissimo potermi accasare da qualche parte in una casella già pronta. Purtroppo quando si persegue il vero, le cose sono sempre più complicate. Comunque se alla fine della lettura di un mio libro qualcuno trae simili conclusioni, che dire? Uno può portare la responsabilità di quello che dice, mai di quello che gli altri capiscono».

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