La parabola di Matteo Renzi, colui che avrebbe dovuto essere il “capitano della nuova sinistra”, quella che avrebbe posto fine agli intrallazzi e agli “alibi” del sistema, mostra parallelismi singolari e un po’ inquietanti con quella del generale George Armstrong Custer, comandante del 7° cavalleggeri alla battaglia del Little Big Horn.
All’epoca della guerra civile americana l’allora sconosciuto Custer divenne in breve tempo uno dei più famosi comandanti di brigata e a soli 23 anni fu promosso generale, il più giovane dell’esercito dell’Unione, grazie anche all’appoggio datogli dai comandanti Sheridan e Pleasonton. Un po’ come Renzi che di colpo emerge come l’astro nascente del PD, il Rottamatore che voleva sbarazzarsi di una classe politica di dinosauri e ambiva a guidare un’intera generazione di Italiani fuori dalla crisi, senza però, a differenza di Custer che la pelle la rischiò davvero sui campi di battaglia a Gettysburg ed Appomattox, aver mai fatto un accidente a parte farsi condannare in primo grado nel 2011 dalla Corte dei conti per danno erariale pari a due milioni di euro – sarà assolto in appello 4 anni dopo perché incapace di intendere, a quanto stabilisce la sentenza.
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