Ottobre, andiamo. È tempo di votare … Ben il 65% degli elettori umbri ha staccato il fondoschiena dalla poltrona per recarsi alle urne. I pecoroni, insomma, han lasciato gli stazzi, lordi di letame da olotelevisore, eccitati da pastori e capibastone e sottopanza, per addomesticarsi definitivamente in qualche stambugio da voto; ricavato, nella maggior parte dei casi, da scuole, scuole laddove, ormai, gli studenti più non studiano, ma si diportano, onde confermare, anno dopo anno, esame dopo esame, quel sottile analfabetismo da tecnici per cui i primi rudimenti d’informatica convivono con la vaporosa consapevolezza che Alessandro Magno, Giulio Cesare e Ramsete II sono contemporanei l’uno all’altro (e magari si strinsero la mano a Teano).
Fra i disegnini degli scolari, e qualche compito in classe in bella evidenza (gite ad Auschwitz, sicuramente, “dove l’orrore scese sulla Terra”),
gli armenti delle gaie province di Perugia e Terni hanno ingombrato con
la loro inutile mole di aventi diritto le ex aule del sapere, bruttate
da manifesti (vi sono stampigliati i nomi degli elettori passivi;
passivi di avviso di garanzia, a giudicar da certi ceffi) e da eleganti
casse da morto verticali in cui il summenzionato ovino, al riparo dagli
sguardi indiscreti (il voto è segreto!), può apporre una “X”, da
analfabeta qual è, su delle colorate letterine di Natale; onde imbucarle
nell’urna (nomen omen) ove i desideri del micco anzidetto moriranno,
come muoiono le verdi speranze, i desideri e le rivalse politiche; ché,
infatti, una volta dentro, la letterina alla Befana della Speranza
Partitica si ridurrà a carta straccia.
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