Dopo 40 anni, è
necessario provare a dire perché sulla strage della stazione di Bologna,
come su tutte le altre stragi “fascio-statuali”, è pressoché
impossibile arrivare a una conclusione condivisa e si è tuttora
obbligati a fare “controinformazione”, smentendo la pioggia di
“ricostruzioni ufficiali”.
I “misteri”, in queste stragi1, non esistono.
Ci sono buchi nelle indagini, palesi e spesso scoperti tentativi di
depistaggio, interferenze continue praticamente “firmate” da servizi
segreti – italiani, americani, israeliani, persino francesi – testimoni
che scompaiono o muoiono in circostanze più che dubbie. Ma nulla che sia
davvero “inconoscibile”.
Da Piazza Fontana in poi (in realtà si potrebbe risalire a Portella delle Ginestre e ai vari accenni di golpe messi in
programma più volte), ci sono state più chiavi di lettura, tutte
riconducibili a due campi politici molto chiari. Sul fronte opposto ad
entrambi sta la ricerca della verità, storica e politica,
tentata quasi in solitaria dal “movimento antagonista” – finché ha avuto
forza e capacità di discernimento, sia individuale che collettivo – e
da alcuni (pochi) storici o giornalisti.
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