Lassù in alto è tutto marcio. La politica è ridotta a una competizione elettorale che simula valori democratici e copre un potere malato e asservito ai privilegi e al denaro. Lo dicono autorevoli esponenti di un mondo dominato da un sistema che non sembra più in grado di correggersi. La metà dei finanziamenti alla campagna presidenziale degli Stati Uniti arriva per ora da meno di 200 famiglie molto ricche. Come straricco è Donald Trump, ad oggi massimo e discusso pretendente alla candidatura per i Repubblicani. Negli Stati Uniti il potere politico sembra finito nelle mani di un’oligarchia miliardaria. Tra le conseguenze di scelte patologiche (la definizione è del Nobel per l’economia, Paul Krugman), che privilegiano l’accumulazione di denaro alla tutela della vita, ci sono una politica interna dominata dalla deregulation e il ritorno di prospettive belliche nucleari. Per chi sta in basso, per i movimenti popolari, uno dei problemi è cosa fare di un sistema elettorale che è da tempo la sola liturgia del sistema politico. Ci sono possibilità diverse? L’ormai ventennale esperienza zapatista fornisce forse non un modello ma una possibile linea di ricerca per uscire dalla trappola in cui ci conduce la cultura egemonica e cercare la convinzione per potersi autogovernare.
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