STUPIDA RAZZA

mercoledì 23 novembre 2022

L’aumento della cigs del 65% campanello d’allarme sulle crisi

 

L’allarme per lo stato di crisi delle imprese industriali e commerciali è confermato dall’ampio ricorso a settembre alla cassa integrazione straordinaria. Mentre va esaurendosi l’impatto negativo del Covid-19 sulle attività produttive, la nuova emergenza è legata alla guerra in Ucraina e all’aumento dei prezzi e delle materie prime. Le oltre 15 milioni di ore di Cigs autorizzate dall’Inps a settembre superano del 65% il dato di agosto (una crescita ben superiore rispetto all’incremento complessivo della Cig che sfiora il 9%). È il quadro che emerge dal rapporto realizzato dall’Associazione Lavoro&Welfare di Cesare Damiano, il cui centro studi Mercato del Lavoro e Contrattazione ha rielaborato i dati Inps evidenziando, in particolare, i 15 settori nei quali cresce la Cigs, con le “colonne” del Made in Italy come il Tessile (+347%), Trasformazioni minerali (+202%), Pelli e Cuoio (+189%), Metallurgico (+186%), Commercio (+127%), Vestiario e Abbigliamento e Arredamento (+110%). Per dimensioni e peso sul sistema produttivo, spicca il settore Meccanico (+23% su agosto). In maggior sofferenza, le Regioni del Nord - nel Centro il Lazio -, dove si genera la maggior parte del Pil, dalle quali arriva la maggior richiesta di decreti di Cigs: la Lombardia 349 (+25%), il Lazio 245 (+94%), l’Emilia-Romagna 158 (+33%), il Veneto 132 (+71%) e il Piemonte 127 (+2%). «La situazione attuale è caratterizzata da un maggiore ricorso alla Cigs, il cui utilizzo riguarda generalmente le situazioni di crisi aziendale – commenta Cesare Damiano-. È un segnale della crisi che comincia a mordere seriamente il nostro tessuto produttivo, con le riduzioni produttive indotte dalla carenza e dall’aumento del costo delle materie prime. Una situazione che si fa dura per le famiglie e per le imprese». Rispetto a settembre del 2021 il ricorso alla Cigs diminuisce di circa l’1%, ma nel periodo gennaio-settembre 2022, rispetto allo stesso periodo del 2021, la Cigs aumenta di oltre il 25%, con oltre 153 milioni di ore autorizzate. Si attendono, a breve, i dati di ottobre dell’Inps per vedere se questo quadro sarà confermato. Nelle causali in crescita le crisi Il numero delle aziende in crisi che fanno ricorso a decreti di Cigs fino a settembre 2022 diminuisce rispetto allo stesso periodo del 2021: sono 1.470 (-14,73%). Si modifica la composizione delle aziende che ricorrono ai decreti di Cigs, con un aumento tra i grandi gruppi commerciali e industriali con molte unità produttive presenti sul territorio nazionale: da 2.614 siti del 2021 a 3.752 (+43,53%). In crescita i ricorsi alla Cigs per Crisi aziendale (+39%), con 317 decreti sono quasi il 19% del totale dei decreti. In forte aumento anche i Contratti di Solidarietà: sono 789 decreti (+83%), quasi la metà di tutti i decreti di Cigs concessi (47%), un anno fa erano il 20,23% del totale. «Molti contratti sono la riaccensione di decreti già presenti in precedenza ma sospesi per Covid - spiega Giancarlo Battistelli, che ha curato il rapporto-. Questi contratti di solidarietà consentono la riduzione di orario e la salvaguardia dell’occupazione. Il loro aumento testimonia una sotto-utilizzazione delle attività a cui sono legati e una presenza occupazionale non utilizzata». Con causale “Sospensione Cigs” si registrano 210 decreti (-81%), sono quasi il 13% del totale dei decreti di Cigs. Infine, le aziende che chiudono definitivamente, passando attraverso i decreti di Cigs, sono 130 (la stessa percentuale del 2021) pari a quasi l’8% dei decreti di Cigs. «Il maggiore ricorso alla Cigs è legato alla possibilità di intervenire negli stati di crisi aziendali - continua Battistelli -, per favorire processi di riorganizzazione, riduzioni di orario con i contratti di solidarietà ed altre causali, compresi interventi nelle chiusure di aziende».I lavoratori interessati Il rapporto ha tradotto le ore totali autorizzate di Cig (Cigo, Cigs, Cigd, Fis) equivalenti a posti di lavoro con lavoratori a zero ore, tra gennaio e settembre 2022, che corrispondono ad un’assenza completa di attività produttiva per oltre 296mila lavoratori, di cui oltre 98mila in Cigs, 17mila in Cigd, oltre 107mila in Cigo e 73mila in Fis. In base alle ore di Cig, nel 2022, fino a settembre, si sono perse quasi 58 milioni di giornate lavorative. Il massiccio ricorso agli ammortizzatori sociali ha avuto ricadute economiche per i lavoratori che fino al mese di settembre, hanno avuto una diminuzione complessiva del monte salari di oltre 1 miliardo e 260 milioni di euro al netto delle tasse. Il conto per ogni lavoratore in Cig a zero ore, fino a settembre corrisponde ad una perdita del reddito di oltre 4.480 euro al netto delle tasse. Se il conto si fa non sulle ore autorizzate, ma sul “tiraggio”, ovvero sull’effettivo utilizzo della Cig, che è stato mediamente del 26,60% bisogna rivedere questi numeri al ribasso. La Cigs nell’ultimo decennio Per il periodo gennaio-settembre di ogni anno, nel 2012 la Cigs ha totalizzato oltre 247 milioni di ore, contro i 120 milioni del 2022. La punta più alta è nel 2014 con oltre 342 milioni di ore. «Sembrerebbe che oggi si stia molto meglio - aggiunge Battistelli- ma è un’impressione parziale perché, ancora oggi si risente della possibilità nella fase transitoria di trasformare le ore dei decreti di Cigs in ore caricate nella Cigo o nella Cigd». Prima del Covid, ovvero dal 2012 al 2018, la Cigs scende da 247 milioni di ore a 69 milioni di ore (-72%) nei mesi che vanno da gennaio a settembre. Mentre dal 2018 al 2022, la Cigs torna a salire: da 69 milioni di ore a 120 milioni di ore (+73%). «In questa fase, ancora non è del tutto trasparente lo stato di crisi delle aziende - conclude Damiano-. Il periodo Covid-19 ha finito per nascondere lo stato di crisi preesistente nelle aziende che si sta gradualmente manifestando. Il problema sull’occupazione si porrà nel medio periodo, se non ci sarà una ripresa in grado di saturare la capacità produttiva».

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