aspetta e spera.
Sino  a 
poche settimane fa, a fronte della mediocre prestazione dell’economia  
europea, era sottolineata la pur contenuta ripresa americana, che  
lasciava presagire una crescita del Pil prossima al 3%. In questo quadro
  era sbandierato come un risultato eccezionale l’aumento di circa  
800.000 posti di lavoro.
Poi è 
arrivata la “gelata” di fine  maggio: l’indice si crescita si è 
abbassato e soprattutto, i 180.000  nuovi posti di lavoro attesi, si 
sono ridotti ad un dato molto più  striminzito: 59.000.
Obama
 se l’è cavata dicendo che è tutta  colpa dell’Europa (ma pensava 
“Germania”) che non sta dimostrando  coraggio e con la sua “austerità” 
sta accentuando le tendenze recessive  mondiali. Naturalmente nelle 
affermazioni del Presidente americano c’è  del vero: la stupida 
fissazione dei tedeschi per il pareggio di bilancio  è la più sonora 
sciocchezza che sia dato di vedere e questo incide  sulla situazione 
economica mondiale, ma la spiegazione è troppo  sbrigativa. Intanto 
siamo di fronte ad un rallentamento mondiale  dell’economia (e di Cina, 
India e Russia torneremo a parlare), ed, in  questo, gli Usa ci mettono 
del proprio.
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