STUPIDA RAZZA

martedì 10 novembre 2015

Rai: la favola del servizio pubblico

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Ogni qual volta si tocca il tasto della Rai, invariabilmente, il partito pro ente di stato inalbera l’argomento del “servizio pubblico” che, in quanto tale, deve essere garantito dallo Stato. Stanno proprio così le cose?
In primo luogo, forse non è inutile ricordare chela Rai nasce dalle ceneri dell’Eiar, istituita dal regime fascista che le attribuì il monopolio del servizio pubblico delle emissioni radiofoniche e, nel 1935 la pose alle dirette dipendenze del Ministero della Stampa e della Propaganda. Un’origine non proprio democratica, se vogliamo. Comunque, anche altri paesi (come l’Inghilterra) adottarono la soluzione dell’ente di stato, nel presupposto della natura di servizio pubblico che le attività radiofoniche (e poi televisive) avrebbero dovuto avere: fornire informazione, svolgere ruolo di educazione civica, di canale di comunicazione della politica con la società, promuovere la formazione culturale del popolo ecc. In questo quadro, trasmissioni di intrattenimento (film, avvenimenti sportivi, varietà, musica leggera ecc.) erano visti come elemento accessorio del servizio e, semmai,  erano favoriti spettacoli di elevato livello artistico come spettacoli teatrali, concerti di musica classica, opere liriche,  film d’autore ecc.
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