Mentre alcuni studiavano e preparavano ciò che oggi è in atto, molti gareggiavano per essere più belli, eleganti, “bravi”, ricchi e “seguiti”, così da poter primeggiare contro il vicino, l’amico, il parente. Mentre alcuni studiavano, la maggioranza si perdeva in invidie, ripicche e meschinità pur di sentirsi superiori e potenti dell’altro [2]. Mentre alcuni studiavano, i soliti gareggiavano sfilando e sfoggiando monili in luoghi sacri alla domenica, dopo aver parcheggiato la nuova auto fiammante all’esterno, vantandosi del figlio più intelligente, del conto in banca cospicuo e tutto ciò per dominare nella micro – società di appartenenza con atteggiamenti spavaldi, arroganti e viscidi. L’uomo è sempre stato questo: un piccolo numero di criminali, uno di persone perbene e in mezzo, la massa informe, i “perpetratori del male” [3] che, a gradi, pendono verso una parte o l’altra in base ad una serie di fattori in cui interesse personale e paura tendono a determinare la cristallizzazione della realtà in situazione di decadenza, equilibrio o prosperità. Diventa, quindi, ridicolo oggi sentire come questo agglomerato, che quasi mai sceglie se non per sé stesso, si autodefinisca altruista, interessato a compiere solo atti a favore del prossimo. “Senso civico”, “fatelo per i più deboli”. Ma non fa ridere? Il potere, dopo tremila anni di soprusi, vessazioni, genocidi, assassini, ladrocini, improvvisamente ama i suoi sudditi e le stesse persone che sino a ieri godevano della sconfitta dell’avversario, della decadenza della famiglia accanto, delle debolezze dell’amico, della sofferenza altrui, incuranti della tragicità della vita nel mondo, ora, improvvisamente, si riscoprono sante, dando come soluzione, però, per chi vuole esporre un’idea diversa, la loro eliminazione dal consesso sociale.
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