La Banca centrale europeaè «arrivata
alla fase finale dell’inasprimento mo-
netario». Lo ha detto il vicepresidente
Luis de Guindos in un’intervista
esclusiva a Il Sole24 Ore. La Bce ha au-
mentato i tassi di 375 punti base velo-
cemente, sette rialzi in meno di un an-
no, per riportare l’inflazione al 2% sul
medio termine. Una stretta «forte»,
senza precedenti. Le cose ora stanno
migliorando.Serve però molta caute-
la. «Non è il momento di essere com-
piacenti».La Bce è «arrivata alla fase
finale dell’inasprimentomonetario». Lo ha detto il
vicepresidente Luis de
Guindos in un’intervista
esclusiva al Sole24ore. La Bce ha
aumentato i tassi di 375 punti base
velocemente, sette rialzi in meno di
un anno, per riportare l’inflazione
al 2% sul medio termine. Una
stretta «forte», senza precedenti.
Ma la recessione tecnica è stata
evitata, la stabilità finanziaria non
ha problemi, la frammentazione
non è aumentata, gli spread sono
stabili, il mercato del lavoro tiene, il
Qt ha funzionato senza turbolenze,
le banche restano resilienti. Serve
però molta cautela. «Non è il mo-
mento di essere compiacenti».
Il Consiglio direttivo tiene
conto dell’impatto di questa
stretta sulle banche e sulla
stabilità finanziaria oltre alla
stabilità dei prezzi?
Il nostro mandato è la stabilità dei
prezzi e la politica monetaria re-
strittiva risponde alla situazione
dell’inflazione, e la nostra inflazio-
ne è molto elevata: è scesa dal
10,8% dello scorso ottobre, ma
resta alta. Detto questo, nonostan-
te la stretta molto forte non abbia-
mo visto alcun problema di stabili-
tà finanziaria. I rendimenti dei
titoli di Stato sono saliti, ma gli
spread sono rimasti abbastanza
stabili. Non si è visto un aumento
della frammentazione in seguito a
questo rialzo dei tassi. Inoltre i
bilanci delle banche europee stan-
no migliorando, nel primo trime-
stre di quest’anno la redditività è
risultata migliore delle attese.
Qualche tensione si vede tra
gli intermediari finanziari non
bancari europei, che hanno
molta leva finanziaria, sono più
esposti al rischio di liquidità.
Ma nulla paragonabile alla crisi
bancaria negli Usa.
E considerate gli effetti su
famiglie, imprese, economia?
Sì, ne teniamo conto. Le imprese
hanno iniziato a risentire del rialzo
dei tassi d’interesse ma non c’è
stata un’ondata di default e nean-
che di “angeli caduti” (ndr. fallen
angels, debitori con rating d’inve-
stimento retrocesso a speculativo).
In quanto alle famiglie, la buona
performance del mercato del
lavoro continua a essere di suppor-
to per affrontare l’inasprimento
delle condizioni di finanziamento.
Quindi, finora tutto bene direi. Ma
è chiaro che continuiamo a moni-
torare la situazione, guardando a
un’ampia gamma di indicatori.
La recessione nell’area dell’eu-
ro, ci sarà?
In effetti, a dicembre le nostre
proiezioni prevedevano una reces-
sione tecnica, le abbiamo però
riviste a marzo. La crescita è stata
piatta nel quarto trimestre del
2022, e nel primo trimestre 2023 è
lievemente positiva. L’area dell’eu-
ro ha evitato la recessione tecnica:
ma la politica monetaria restrittiva
funziona con la stretta delle condi-
zioni di finanziamento. Abbiamo
iniziato a vedere che il restringi-
mento inizia a farsi sentire sul
mercato dei prestiti bancari, le
banche hanno iniziato a inasprire il
credito, la trasmissione della politi-
ca monetaria sta quindi funzio-
nando. E vedremo quali saranno
gli impatti sull’economia reale.
L'ultimo rialzo di 25 punti base è stato spiegato dalla Bce con un
linguaggio da falco: perché?
L’aumento “normale” dei tassi in
politica monetaria è un quarto di
punto. I rialzi da 50 e 75 punti base
sono stati dei passi straordinari per
rispondere a un’inflazione molto
alta. Dovevamo innalzare i tassi di
375 punti base, è stata una fase
importante e l’inflazione infatti sta
scendendo. Ora siamo arrivati alla
fase finale del nostro viaggio di
inasprimento monetario, e dunque
torniamo alla normalità, ai passi da
25 punti base.
Lei è stato favorevole al rialzo di
25 punti base o preferiva 50?
Il rialzo di 25 punti base è stato la
decisione corretta da prendere.
Sono stato favorevole anche du-
rante le discussioni preliminari
all’interno del Comitato esecutivo.
La grande maggioranza del Consi-
glio direttivo è stata favorevole alla
proposta. Si potrebbe dire che c’è
stato quasi un appoggio pieno per
un quarto di punto.
E in futuro?
Guardando avanti, dipenderà dai
dati. Decideremo di riunione in
riunione. E dall’evidenza del fun-
zionamento dell’inasprimento
delle condizioni di finanziamento.
E dall’andamento dell’inflazione,
complessiva e di fondo.
Quale pesa di più, complessiva
(headline) o di fondo (core)?
Entrambe scenderanno nei prossi-
mi mesi. Nel caso di quella com-
plessiva, i prezzi dell’energia sa-
ranno fondamentali. Bisognerà
tener conto dell’effetto base (ndr.
per misurare l’inflazione si con-
frontano le variazioni dei prezzi di
anno in anno, e questo effetto base
svanirà rapidamente) e dell’impat-
to della fine delle misure di soste-
gno dei governi. Ma anche l’infla-
zione di fondo sarà rilevante, la
core è un buon indicatore per pre-
vedere il medio termine. In merito
all’inflazione di fondo, quel che mi
impensierisce sono i prezzi dei
servizi, che sono una parte impor-
tante dell’inflazione di fondo. La
domanda dei servizi in Europa, per
esempio in Italia e in Spagna, è
molto alta ed è molto sensibile
all’evoluzione dei salari e del mecato del lavoro. Dobbiamo osserva-
re attentamente l’impatto di salari
e servizi sull’inflazione di fondo.
Che peso ha avuto finora il
quantitative tightening (Qt) fatto
sui soli reinvestimenti dell’App?
I tassi d’interesse sono il nostro
strumento principale di politica
monetaria. La riduzione e il suc-
cessivo azzeramento dei reinvesti-
menti nell’App, il cosiddetto quan-
titative tightening (Qt), è piena-
mente allineato al nostro orienta-
mento di politica monetaria. Va in
parallelo al rialzo dei tassi d’inte-
resse e rafforza la stretta moneta-
ria. Pensiamo che abbia portato a
un aumento di 60-70 punti base
dei rendimenti dei titoli di Stato a
dieci anni. Ma gli effetti maggiori
derivano dai rialzi dei tassi di 375
punti base, che restano il nostro
strumento principale di politica
monetaria. Pubblicheremo ulterio-
ri dati sull’impatto del Qt nei pros-
simi giorni, sebbene i calcoli deb-
bano sempre essere presi con
cautela. Una buona comunicazione
del Qt e il Tpi (Transmission protec-
tion instrument) hanno contribuito
nel complesso a evitare una turbo-
lenza sui mercati con la fine dei
reinvestimenti nell’App.
Il faro è puntato ora sui prestiti
Tltro. Serve un “prestito ponte”
per attutire il maxi-rimborso da
477 miliardi in giugno?
Le Tltro sono state uno strumento
straordinario per situazioni straor-
dinarie, ad esempio la pandemia
che ora è finita. Le banche hanno
programmato perfettamente il
rimborso in base alla nota tabella
di marcia. E prevedo che per la
tranche di giugno, le banche –
anche quelle che hanno usato di
più le Tltro – non avranno alcun
problema a ricostruire questa
liquidità. Oltre a Mro e Ltro come
alternative, le stesse Tltro in casi
straordinari possono tornare a
essere un’alternativa valida.
Restano parte degli strumenti a
nostra disposizione.
Le banche hanno superato
tante crisi, continueranno così?
Le banche dell’area dell’euro sono
resilienti in termini di capitale, di
liquidità. E ora anche la redditività
è in risalita, grazie ai margini più
alti per il rialzo dei tassi. Ma non è il
caso di abbassare la guardia, dob-
biamo essere molto cauti: la com-
binazione del rallentamento del-
l’economia e del rialzo dei tassi
porterà a un rincaro della raccolta
per le banche e forse a un aumento
dei crediti deteriorati (Npl). Al
momento il miglioramento dei
margini più che compensa le per-
dite potenziali causate dall’aumen-
to degli Npl. Ma dobbiamo seguire
attentamente gli sviluppi.
E le banche italiane?
La situazione delle banche italiane
è molto diversa da quella di 10-12
anni fa, hanno più capitale, sono
più liquide, hanno ripulito i bilanci
– i crediti deteriorati sono scesi
leggermente sotto il 2,5% del totale
degli attivi, un livello senza prece-
denti – e sono resilienti, senza
dubbio. Ma anche per loro come
per le banche europee, tutto dipen-
derà dall’andamento dell’econo-
mia, la resilienza di imprese e
famiglie sarà cruciale. Non preve-
diamo un’ondata di crediti deterio-
rati, ma non è il momento di essere
compiacenti.
Quali lezioni possiamo trarre
dalla crisi bancaria negli Usa?
La crisi che ha colpito le banche regionali americane è stata un
monito e abbiamo visto come
l’umore dei mercati possa cambia-
re repentinamente. La situazione
in Europa è diversa. L’Europa non
corre i rischi sistemici a cui sono
esposte le banche regionali ameri-
cane e dispone, ad esempio, di una base di depositi al dettaglio molto
più ampia di quella americana. Ma
resta il fatto che la digitalizzazione
e i social media possono contribui-
re ad accelerare all’improvviso la
corsa agli sportelli. Per questo sono
convinto che l’Edis (European
deposit insurance scheme), il siste-
ma europeo di assicurazione dei
depositi, sia un passaggio chiave.
Dobbiamo assolutamente comple-
tare l’unione bancaria dotandoci
dell’Edis. La mancanza di un’unio-
ne bancaria completata può diven-
tare la nostra principale fonte di
vulnerabilità. Direi persino che la
mancanza dell’Edis è la vulnerabi-
lità principale del sistema bancario
europeo. Non introdurlo sarebbe
un grave errore.
Nessun commento:
Posta un commento