Aiuto, si è svegliata E l ly S ch lei n ! Ieri, partecipando a un forum su Re - p ub b l ic a , la segretaria del Pd, interpellata sul disastro in Emilia Romagna, ha dichiarato che è opportuno «spostare fondi del Pnrr sulla sicurezza del territorio». E ancora, ribadendo e completando il pensiero: «Avrebbe senso mettere risorse sulla prevenzione e messa in sicurezza del territorio. Questo è un Paese che non ha fatto ancora i conti con la sua fragilità dal punto di vista idrogeologico e sismico». A prima vista, verrebbe da dire: finalmente ci sei arrivata anche tu, benvenuta fra noi, bentornata sulla terra, ti accogliamo volentieri nel club di chi queste cose cerca - inascoltato - di dirle da qualche anno. Pensandoci meglio, però, la voglia di essere concilianti passa subito almeno per quattro ragioni, l’una più grave dell’a l tra . Primo. Così com’è stato concepito, così com’è stato impostato tra Bruxelles e Roma, prima ai tempi del secondo governo giallorosso di Giu - seppe Contee poi all’epoca del governo di Mario Draghi, purtroppo il Pnrr non ha la duttilità e la flessibilità che sarebbe richiesta dalle circostanze presenti. Al contrario, allo stato attuale, consiste in un’elencazione tanto dettagliata quanto rigida di opere e interventi. Al massimo, puoi depennare qualcosa, oppure provare - ma è già un’i m p re s a improba, la cui accettazione da parte di Bruxelles è tutta da chiarire - a mettere sul binario di altri fondi europei (quelli ordinari spalmati su qualche anno in più) alcune voci che realisticamente non riuscirebbero mai a giungere al traguardo entro il 2026. Secondo, e questo è l’aspet - to politico più grave e indifendibile. Il Pd, i grillini, la sinistra politica e mediatica hanno - già durante la scorsa campagna elettorale, in polemica feroce quanto insensata contro Giorgia Meloni - sparato a palle incatenate contro qualunque tentativo di modifica del Recovery plan. Invano, per decine di volte in tutti questi mesi, La Verità ha ricordato alla sinistra un’evidenza solare: tutto il Pnrr era stato concepito con un’inflazione al 2%. Nel momento in cui - invece - il valore dell’inflazione è quattro volte più alto, ciò avrebbe dovuto di per sé portare a una riscrittura del piano: non foss’altro che per un rischio tanto banale quanto esiziale, e cioè quello di vedere gare andare deserte. Ma ogni volta che qualcuno ha osato proporre questo argomento di buonsenso, c’era sempre (e c’è ancora) un plotone di esponenti della sinistra pronti a gridare e opporsi, con un’atti - tudine da guardie rosse che inneggiano non a Mao Tse Tu n g ma ai dogmi eurolirici, impugnando non un libretto rosso ma le sacre e intoccabili pagine del Pnrr così com’è. Per lunghi mesi, è stato criminalizzato perfino chi si è permesso di ricordare l’arti - colo del regolamento alla base del fondo che finanzia il Pnrr: e cioè la clausola (art. 21) che consentirebbe di modificare il piano o di riscriverlo se il piano «non può più essere realizzato, in tutto o in parte», a causa di «circostanze oggettive». Da questo punto di vista, sarebbe il caso di cogliere la palla al balzo. Fino a due giorni fa, la sinistra ha gridato in modo scomposto contro il governo Meloni, ha sorriso con malcelato compiacimento rispetto all’eventualità di un differimento europeo nella corresponsione dell’una o dell’a l tra tranche di finanziamenti, ha considerato un affronto ogni ipotesi di revisione. Se oggi la S ch l ei n dice il contrario, delle due l’una: o è semplicemente una frase gettata lì a caso (magari per far dimenticare le azioni e le omissioni della stessa S ch l ei n quando era vicepresidente della giunta dell’Emilia Romagna), oppure si tratta di un passo politico impegnativo. In questo secondo caso, si tratta di capire se il Pd sia pronto a fare fronte comune con il governo per tentare u n’operazione di riapertura del negoziato con Bruxelles. Il terzo motivo per cui le osservazioni della S ch l ei n pro - vengono da una fonte politica non credibile è legato all’im - minente reintroduzione (con modifica) del Patto di stabilità. Comunque vada (tempi più lunghi o tempi più corti per il piano italiano di rientro da «concordare» con Bruxelles), è evidente che ci saranno richiesti altri tagli annuali alla spesa, e che interverranno ulteriori elementi di rigidità. Anche in questo caso: perché allora da sinistra si è sacralizzata la bozza predisposta da Paolo Gentiloni, sparando preventivamente contro ogni ipotesi di modifica? Quarto e ultimo punto. Sia in sede di Commissione Ue (con l’ineffabile Frans Timmermans) sia in sede di Parlamento europeo, il Pd e gli eurosocialisti sono stati e sono i più scatenati nell’imporre le misure green di cui su questo giornale abbiamo più volte parlato: sulla casa, sulle auto, sulla pesca, sugli allevamenti, sulle coltivazioni, sugli imballaggi. Non avrebbe avuto e non avrebbe più senso - anziché sostenere quel pacchetto di obblighi e divieti - spingere affinché l’Ue dia una mano e si senta coinvolta nella missione della messa in sicurezza dei nostri territori? Peccato che però sia proprio il Pd con i suoi referenti europei alla base di quelle ecotrappole.
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
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