Gli amanti del c om p l ott i sm o avranno apprezzato il nome del convegno organizzato ieri da Ey, la ex Ernst & Young, grandissima società di consulenza che sussurra a grandi e governi. «Energy reset, summit 2023» è il titolo dell’evento e dello studio sottostante che spiega in modo semplice e diretto come servisse un grande choc per imporre la transizione ecologica al Vecchio Continente. Senza sarebbe stato praticamente impossibile avviare in tempi rapidi il percorso di passaggio dalla società basata sui carburanti fossili a quella sostenuta dalle rinnovabi l i . Ey, ovviamente con un punto di vista completamente diverso dai nostri articoli e dai reportage della Ve rità sul tema arriva però a unire gli stessi puntini. «L’i nte r r u z io n e delle forniture di gas dalla Russia ha reso necessaria una diversificazione delle fonti di importazioni dal momento che l’Italia dipendeva per il 40% dalla fornitura di questa fonte energetica russa. L’indi - viduazione di alternative da mettere in campo e i relativi investimenti non possono che essere orientati verso soluzioni strategiche, economicamente sostenibili ed efficienti nel breve, medio e lungo termine», si legge nella presentazione diffusa dalle agenzie. « L’aumento del costo della CO2, unito al costo del gas ha praticamente raddoppiato il prezzo minimo a cui il mercato può fornire l’energia elettrica, essendo gli impianti a gas i price maker», si legge ancora. Questi elementi, assieme allo stop europeo entro il 2035 ai combustibili fossili nei trasporti o ancora all’i n c remento degli obiettivi nazionali di produzione delle fonti di energie rinnovabili, hanno portato «non solo a un ridimensionamento degli equilibri attuali, ma anche a un necessario cambio di rotta nelle soluzioni green». La Ey non può non notare che la fiducia dei consumatori è però uscita ammaccata da questo «reset». I consulenti hanno evidentemente difficoltà a comprendere come mai i cittadini non siano contenti di pagare dieci volte tanto le bollette e fare sacrifici per consentire a Bruxelles e alle aziende di fare la transizione ecologica. Tanto non lo capiscono, che decidono di avviare una strategia per riconquistare la fiducia dei cittadini. In questo percorso di marketing e di storytelling i numeri però tornano a fare capolino e ad avere la meglio sulla nebbia prodotta dalle slide. Le analisi Ey evidenziano infatti la necessità di raddoppiare la produzione di energia rinnovabile in 20 anni «perché, tra l’altro, si stima che i consumi di energia elettrica aumenteranno del 20% per via dello switch (cambio, ndr) verso i veicoli elettrici dovuto allo stop europeo al 2035 per auto a benzina e diesel». Tradotto, serviranno 50 terawatt ora all’anno in più e solo per far marciare le auto elettriche. È chiaro a questo punto che la transizione non è ecologica ma solo di business. Nulla di ciò che succederà nei prossimi mesi e anni farà bene all’ambiente. Anzi, il diffondersi delle batterie elettriche scardinerà il sotto suolo. Certo, con l’evoluzione della tecnologia i sistemi di accumulazione miglioreranno e saranno più efficienti, ma continueranno a succhiare ingenti quantità di materie prime. Ieri, il Wall street journal ha svelato come i vertici di Gm stiano cercando di chiudere accordi direttamente con le società minerarie per blindarsi quote di mercato. Una singola batteria per auto elettrica può pesare fino a 500 chilogrammi e che per la sua fabbricazione richiede lo scavo, lo spostamento e il trattamento di oltre 225 tonnellate di materie prime che si trovano in Cina o nella Repubblica Democratica del Congo, dove anche i bambini scavano a mani nud e. Così, mentre si discute di cambiamenti climatici e di alluvioni senza concentrarsi sulla pulizia degli alvei dei fiumi e sulla gestione da buon padre di famiglia della nostra orografia, i sostenitori della transizione spingono in una direzione che non sembra affatto rassicurante. Tanto più che nel frattempo la politica gioca di sponda, muovendo leve finalizzate a rendere la mobilità tradizione ingestibile. Abbiamo scritto numerose volte delle mosse del sindaco di Milano, Giuseppe Sala, e del suo intento di fare proseliti. Ecco che il collega di Roma, Roberto Gualtieri, ieri ha confermato l’idea di seguire l’esempio meneghino. «Pensiamo a meccanismi di deroga, di chilometraggio, per non bloccare completamente la circolazione delle auto ma mettendo limiti, come fanno a Milano. Un piano equilibrato che ridurrà l’inquinamento e non scaricherà un peso troppo forte su chi non può permettersi di sostenerlo», ha dichiarato alle agenzie definendo le prossime tappe di esclusione delle auto con motore a scoppio. Insomma, un circolo che ha la forma del cappio attorno alla mobilità tradizionale. Poco importa che ieri la Commissione del Senato abbia bocciato la direttiva green sull’auto - trasporto. Le scelte si stanno compiendo molto in alto.
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
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