STUPIDA RAZZA

domenica 21 maggio 2023

Tlc in crisi, Bt taglia 55mila posti

 

I giganti europei delle telecomunicazioni sempre più alle prese con una crisi dettata dal calo dei ricavi e dalla forte concorrenza sulle tariffe. Dopo Vodafone (11mila posti in meno in tre anni), ieri è toccato a British telecom annunciare 55mila licenziamenti entro il 2030. La società conta di fare affidamento «su una forza lavoro ridotta e costi significativamente più bassi», dice il ceo Philip Jansen. Circa 10mila addetti saranno sostituiti da processi digitali, automazione e intelligenza artificiale. Un maxi piano di ridimensionamento che arriva a pochi giorni di distanza dall'annuncio di Vodafone Group che ha dichiarato di voler procedere al taglio di 11mila posti di lavoro in tre anni. Un'asticella, questa, che BT alza ancora di più: fino a 55mila in meno entro l'anno fiscale che si concluderà a marzo 2030. I lavoratori della ex British Telecom potrebbero quindi scendere a 75mila, dai 130mila attuali. Un taglio fino al 42% nei prossimi sette anni che rappresenta l’ennesimo campanello d’allarme per un settore delle Tlc alle prese con guerra dei prezzi, iperegolamentazione, avanzata degli Ott che fanno lauti affari su infrastrutture su cui però sono le telco ad avere l’onere degli investimenti. Non a caso le compagnie telefoniche europee – sotto l'egida di Gsma ed Etno che rappresentano 160 operatori mobili, tra cui Deutsche Telekom, Orange, Telefónica e Tim – hanno presentato una proposta preliminare alla Ue per introdurre una norma volta ad imporre alle big tech e agli Ott una compartecipazione ai costi per il rollout del 5G e del broadband in Europa. Gli investitori in Borsa hanno mostrato il pollice verso a conti e indicazioni arrivate dalla compagnia inglese con un titolo che ha perso il 5% nella seduta di ieri. L’annuncio dei tagli è arrivato, infatti, insieme ai risultati finanziari dell'anno fiscale chiuso il 31 marzo con ricavi scesi dell’1% a 20,7 miliardi di sterline rispetto a una previsione di 20,5 miliardi di sterline. Dall’altra parte l’utile netto è salito a 1,9 miliardi (da 1,2 miliardi), ma principalmente grazie a “super deduzioni” legate alla cessione di BT Sport, che hanno portato l’aliquota effettiva sui profitti a -10,2% dal 35% del 2022. A deludere il mercato è stato soprattutto il debole flusso di cassa, che a livello rettificato è stato di 1,3 miliardi (nella parte bassa della forchetta 1,3-1,5 miliardi), con un calo del 5%, motivato da BT con gli investimenti per la costruzione delle rete in fibra Openreach. I 55mila posti di lavoro in meno in 7 anni rappresentano un messaggio forte, ma non un fulmine inatteso all’interno della vita di un’azienda che ormai da almeno cinque anni, con l’arrivo del ceo Philip Jansen, sta puntando a mettere a posto i conti, anche attraverso un risparmio nei costi di 3 miliardi di sterline entro la fine del 2025. Dall’aprile 2020 il gruppo ha realizzato circa 1,2 miliardi di sterline di risparmi in vista del raggiungimento di questo target. In questo senso non va trascurato il -25,57% del titolo da inizio anno, con gli investitori che stanno guardando all’azione costante di razionalizzazione della telco Uk. «Il nuovo gruppo Bt sarà un'azienda più snella con un futuro migliore», ha commentato il ceo. In questo quadro a presentare il conto sarà anche l’avanzamento tecnologico. Digitalizzazione, automazione e maggior utilizzo dell’intelligenza artificiale avranno come portato la sostituzione di circa 10mila addetti. «Si tratta di utilizzare la tecnologia per fare le cose in modo molto più efficiente», ha affermato Jansen. A completare il quadro ci sarà poi la fine dei lavori per la realizzazione delle reti mobili ultrabroadband in 5G. Certo è che l'uno-due arrivato dal Regno Unito sull'asse Vodafone-BT (che ha come azionista principale al 18% Patrick Drahi, magnate francoisraeliano patron di Altice in Francia, seguito al 12% da T-Mobile, controllata di DT) riporta al centro dell’attenzione interrogativi sulla condizione di Uk post-Brexit. Ma di fondo c’è sempre un tema di sostenibilità del settore Tlc che, come ha detto la stessa ceo Vodafone Margherita Della Valle presentando i conti del gruppo, «ha tra i più bassi Roce (il rendimento del capitale investito, ndr) in Europa, accanto al più alto capitale richiesto di investimento» con un impatto sul rendimento degli azionisti. Ne sanno qualcosa in Uk, ne sanno qualcosa anche in Italia dove al centro del dibattito ora c’è il destino della rete Tim. Il 9 giugno la deadline per le nuove offerte di Kkr e Cdp-Macquarie. Da far arrivare a un board Tim in cui Vivendi alla fine ha deciso di rientrare a dire la sua, indicando come consigliere Luciano Carta.

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