Quello che era cominciato come una scommessa di David Cameron come sbocco per il malcontento popolare, da usare come leva per contrattare con Bruxelles per maggiori favori, si è incancrenito fino ad un terremoto politico riguardo la dis-integrazione dell’UE.
Il mediocrissimo Donald Tusk, presidente del Consiglio Europeo, ponendosi come uno “storico”, aveva avvertito che il Brexit, “potrebbe essere l’inizio della distruzione non solo dell’UE, ma dell’interezza della civilizzazione politica occidentale”.
È follia. Il Brexit ha provato che si tratta di immigrazione, babbeo. E ancora una volta, che si tratta di economia, babbeo (nonostante l’establishment neoliberale non ci avesse mai dedicato attenzione). Si potrebbe scommettere pesante sul fatto che il sistema UE a Bruxelles non imparerà nulla da questa terapia dello shock – e non si riformerà. Ci saranno elucubrazioni sul fatto che dopotutto il Regno Unito è sempre stato lamentoso, importuno e sempre pronto a chiedere trattamenti privilegiati nei rapporti con l’UE. Per quanto riguarda la “civilizzazione politica occidentale”, ciò che finirà – ed è tanta roba – è la speciale relazione transatlantica tra USA ed UE con il Regno Unito a fare la parte del cavallo di Troia statunitense.
Tutto ciò va ben oltre un match tra il pessimo calcolatore Cameron, ora morto trafitto dalla propria spada, e l’ambizioso buffone di corte Boris Johnson – un Donald Trump con un vocabolario e schemi retorici migliori.
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