Purtroppo lo è anche il popolo italiano nel suo complesso, deteriorato moralmente non dalla durezza della crisi ma dai decenni di prosperità economica, più devastanti di un bombardamento nucleare.
Confindustria e Finanza ora puntano su Renzi e i suoi giovanottini e giovanottine ben pettinati, ben sbarbati, bellini, pulitini, con la cravattina d’ordinanza o la gonna da figliola di buona famiglia.
Fra
i tanti problemacci che dovranno affrontare, basta enunciarne due, i
maggiori: il debito pubblico e la disoccupazione. Oggi ci occuperemo del
primo.
Il
debito pubblico mostruoso è maturato in almeno 50 anni di tenore di
vita medio superiore alle nostre possibilità, di ricorso a prestiti
dall’estero usurai, di sprechi generalizzati e di ruberìe della casta. I
soli interessi che lo Stato deve pagare per il debito accumulato
impediscono qualunque prospettiva di crescita forte.
Chi
predica che si possa uscire dal debito pubblico con atti unilaterali,
fosse pure soltanto una ristrutturazione del debito, diffonde
illusioni. A ogni debito corrisponde un credito. Per ogni debitore c’è
un creditore. I creditori hanno sempre strumenti di ritorsione che
impediscono al debitore di uscire dal debito con decisioni unilaterali.
Tanto più nei rapporti con grandi banche e con Stati.
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