ne dubito.
La rotta d'Italia. Fmi, Ocse e Ue hanno mandato piccoli segnali di cambiamento nell’orientamento delle loro politiche. Che cosa sta succedendo nei bastioni dell’ortodossia neoliberista?
Partiamo da Davos, in Svizzera, dove si è svolta da
poco, l’ultima edizione del meeting annuale dell’élite economica. Si è
trattato della solita minestra riscaldata e i banali commenti che di
solito vi si possono ascoltare fanno poco sperare sui destini del mondo.
Sul fronte finanziario, Jamie Dimon, il boss della JPMorgan Chase,
sulla scena da molti anni, ha dichiarato, con arroganza, che i banchieri
dovranno sopportare ancora per diversi anni di essere segnati a dito,
di rappresentare dei capri espiatori di una situazione di cui non sono
responsabili, di essere infine collocati al centro di un’operazione di
disinformazione per il loro presunto ruolo nella crisi finanziaria.
Dimon ne ha anche approfittato per mostrare il disprezzo da lui nutrito
per quelli che pensano di aver migliorato il sistema, in particolare per
gli estensori negli Stati Uniti del Dodd-Frank Act. Alex Weber,
presidente dell’UBS, ha rincarato la dose, criticando le nuove regole di
Basilea sulla capitalizzazione e sulla liquidità delle banche
(Fournier, 2013).La rotta d'Italia. Fmi, Ocse e Ue hanno mandato piccoli segnali di cambiamento nell’orientamento delle loro politiche. Che cosa sta succedendo nei bastioni dell’ortodossia neoliberista?
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