È bello scoprire di non essere soli nell'universo.
 Solo da poco ho avuto occasione di leggere questo piccolo libro del 
filosofo francese Michéa, uscito in Francia nel 2002 e in Italia nel 
2004, e vi ho trovato una serie di riflessioni in forte assonanza con 
quanto Bontempelli ed io abbiamo elaborato negli ultimi anni. Il fatto 
che autori diversi arrivino in maniera del tutto indipendente a 
conclusioni simili è un buon indizio del fatto che certi concetti stanno
 facendosi strada.
Il
 punto di partenza di Michéa è la necessità di una critica radicale 
della nostra organizzazione sociale, le cui contraddizioni sono evidenti
 negli stessi discorsi ideologici ufficiali. Infatti l'apparato 
ideologico dominante ci presenta contemporaneamente queste due 
“narrazioni”: da una parte lo sviluppo tecnologico e scientifico ci 
offre ogni giorno nuovi progressi e nuove potenzialità, promettendo a 
breve l'avvento di un mondo in cui l'umanità realizzerà i suoi sogni 
secolari, e anche i sogni che non aveva mai sognato; dall'altra parte, 
appena si arriva alle “cose concrete”, il discorso dominante cambia di 
colpo e ci viene ricordato che abbiamo vissuto finora al di sopra dei 
nostri mezzi, che occorre rinunciare a diritti che si erano creduti 
acquisiti, che un lavoro stabile, una pensione dignitosa, cure mediche e
 istruzione universali sono ormai privilegi in contrasto con le leggi 
dell'economia. 
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