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Secondo la Treccani il prefisso post-, che deriva dal latino post (dopo, dietro) è un “prefisso di molte parole composte, derivate dal lat. o, più spesso, formate modernamente, nelle quali indica per lo più posteriorità nel tempo, col senso quindi di «poi, dopo, più tardi». [1] Qualsiasi sia oggi il campo esplorato, ci ritroviamo sempre più spesso a dover fare i conti con quel prefisso.
La democrazia grazie a Colin Crouch è diventata postdemocrazia. Secondo le sue definizioni: “La democrazia sfida i privilegi di classe in nome delle classi subordinate; la postdemocrazia nega l’esistenza di entrambi, privilegi e subordinazione.” [2] Se cioè nei tempi andati il significato di democrazia è quello che tutti noi conosciamo, nella postmodernità quella parola ha cambiato di significato grazie all’inevitabile prefisso.
Già, la postmodernità. Prima c’era la modernità e la relativa pletora di significati: ogni “cosa” ne aveva uno, ed era abbastanza preciso. Poi alla modernità è successo qualcosa. I tempi moderni sono finiti, con buona pace di Chaplin che ne aveva preconizzato la fine per sconforto e disillusione, ed al suo posto è subentrato qualcosa che non è più la modernità così come l’abbiamo conosciuta dagli studi umanistici e non.
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