Nelle ultime settimane, due tentativi di rivoluzione colorata si sono svolti in parallelo, uno a Mosca e l’altro ad Hong Kong. Mentre un osservatore occasionale potrebbe pensare che il legame tra i due sia, nella migliore delle ipotesi, tenue, uno sguardo più attento fa capire che la metodologia è esattamente la stessa, utilizzata con successo in passato in vari esercizi di cambio di regime (più di una volta nel caso dell’Ucraina) anche se, recentemente, molti di essi hanno poi avuto vita breve.
In particolare, una di queste rivoluzioni, in Russia, aveva già nettamente fallito. Come avevo scritto nel mio libro Shrinking the Technosphere, “La rivoluzione dei Nastri Bianchi di Piazza Bolótnaya (“Palude”) a Mosca, il 6 maggio 2012, poco prima della rielezione di Putin a presidente, non aveva prodotto alcun risultato; in questo caso, il tentativo di cambio di regime era stato controproducente, l’osso era troppo grande perchè la gente potesse ingoiarlo e i loro agenti locali nelle file dell'”opposizione” ora sono tra le persone più disprezzate di tutta la Russia.” E [questa metodica] aveva nettamente fallito anche ad Hong Kong, durante la “Rivoluzione degli ombrelli” del 2014; dopo 75 giorni di proteste, la rivolta si era spenta e l’ordine pubblico era stato ripristinato.
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