Sono passati quasi tre anni dalla pubblicazione del mio libro Shrinking the Technosphere [Ridimensionare la tecnosfera] e qualche astuto critico potrebbe osservare che le cose non sono andate come previsto, perché la tecnosfera non si è ridimensionata. È vero, il libro era stato inteso come manuale di istruzioni un tantino ironico, ma poi non si sa quante persone si siano preoccupate di leggerlo e di mettere in pratica ciò che predico. Ci sarebbe però da discutere sul fatto che la tecnosfera non si stia riducendo: ad esempio, negli Stati Uniti gli ordinativi di autocarri pesanti sono diminuiti dell’81% rispetto allo scorso anno. Questi camion di classe 8 trasportano la stragrande maggioranza delle merci negli Stati Uniti e questo crollo segnala un forte rallentamento di tutta l’economia.
Quindi, la tecnosfera potrebbe non essere poi così fiorente; ma non sembra nemmeno contrarsi particolarmente. Non ci mancano poi i tecno-ottimisti che parlano di nuove tecnologie, come la nanotecnologia, la biotecnologia, la tecnologia molecolare, cellulare e nucleare, la tecnologia delle cellule staminali, la biocoltivazione di tessuti ed organi, la nanobiotecnologia, la biomimetica, la nanobionica, la nanotronica, per non parlare della perennemente attesa tecno-utopia dell’intelligenza artificiale, le energie rinnovabili, le auto elettriche a guida autonoma e l’Internet delle cose. “Una nuova rivoluzione tecnologica è a portata di mano!“, esclamano. Bene, dico io, ma qual’è la nuova, sovrabbondante risorsa che renderà possibile questa nuova rivoluzione tecnologica?
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