Venticinquemila
o sessantamila? Poco conta. Ci si chiede se oramai la forza delle idee
– meglio, della pancia - abbia corrispondenza nei numeri che si
registrano nelle piazze. Grillo ne aveva portati molti, ma molti di più
di Salvini. Eppure vediamo oggi quanto peso politico hanno i 5 Stelle
sia in Parlamento che fuori: annichiliti nelle stanze dei palazzi,
incompresi fuori.
Si
è aperto nuovamente uno spazio, insomma, tra gli arrabbiati e i
delusi: ed è naturale che un giovane dalla buona parlantina e dal
piglio deciso che fa leva sugli istinti più che sulle ragioni, un
seguito fisiologico riesca ad averlo. È il gioco delle valvole di
sicurezza connaturate alle democrazie occidentali di questi tempi: sfiatatoi del disagio.
Così, spariti nel tritacarne mediatico e digeriti gli oramai “vecchi”
vaffanculo grillini, sono arrivati quelli di Salvini. Oggi
l’opposizione al sistema politico-istituzionale in Italia è questa:
l’invito a fare usi alternativi del fondoschiena. A nord, centro e sud,
isole comprese. Certo, a voler ricordare gli epiteti con cui Salvini
etichettava gli italiani residenti più a sud del Po, il tentativo del
leader leghista di trovare consensi nel resto d’Italia sembra essere
andato più che bene: almeno tra le fila di chi oggi si mette in coda
nella speranza di salire su un Carroccio in crescita. Le alleanze
meridionali di Salvini si possono spiegare così, nella necessità di
essere presenti su territori una volta sconosciuti (e schifati).
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