STUPIDA RAZZA

giovedì 11 aprile 2013

Sul domandare metafisico

metafisicaAsseriva, infatti, Aristotele nel Libro primo della Metafisica che: « È proprio del filosofo essere pieno di meraviglia: e il filosofare non ha altro cominciamento che l’essere pieno di meraviglia» (1). E, come avrà a sostenere nello scritto sulle Parti degli animali: «in tutte le cose della natura c’è qualcosa di thaumastòn» (2), cioè di meraviglioso, ma anche di indecifrabile. Così Giacomo Leopardi, nel suo Canto notturno di un pastore errante dell’Asia, preso atto della “piccolezza” dell’uomo di fronte all’immensità della Natura veniva assalito da una congerie di domande esistenziali, che alla fine lo portavano a stupirsi della sua stessa esistenza e a chiedersi sgomento: «ed io che sono?». Similmente Blaise Pascal, nei suoi celebri Pensieri, si chiedeva inquieto: «Non so chi mi abbia messo al mondo, né che cosa sia il mondo, né che cosa io stesso. Sono in un’ignoranza spaventosa di tutto. Non so che cosa siano il mio corpo, i miei sensi, la mia anima e questa stessa parte di me che pensa quel che dico, che medita sopra di tutto e sopra se stessa, e non conosce sé meglio del resto» (3).
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