Un ricordo personale: una sera di Ottobre del 2017 si tenne a Bologna una riunione di attivisti e portavoce del M5S a cui si presentò a sorpresa Luigi Di Maio. Dopo il discorso sulla casta da abbattere e il nuovo stato Italiano da ricostruire, nell’entusiasmo generale che aveva portato alcuni a cantare col karaoke, uscii per prendere una boccata d’aria, e rientrando mi imbattei proprio in Di Maio che, lasciata la sala principale vi stava tornando. Lo vidi, ne misurai a colpo d’occhio l’altezza, quasi pari alla mia, mentre avanzava passandomi letteralmente davanti agli occhi ad un metro di distanza, e non potei resistere dal rivolgergli la parola.
Ricordo che gli dissi scandendo bene le parole: “Signor Di Maio, lei è un Giacobino, vero?! Perché noi tutti a sentirla crediamo che lei lo sia, e se lo è la seguiremo perché per fare la Rivoluzione e cambiare davvero l’Italia abbiamo bisogno di Giacobini.” Lui, che si era fermato di colpo sentendosi chiamare, giratosi con scatto militaresco mi guardò per un paio di secondi prima di avvicinarsi di un passo e di stringermi la mano dicendomi: “Mi raccomando. Tenete duro tutti verso la vittoria finale”. Poi riprese spedito in direzione del salone dove poco più tardi lo vidi ad un tavolo in attesa di mangiare.
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