L’
Antimodernità può essere interpretata anche come risposta alle
delusioni conseguenti le domande che, almeno in apparenza, presentavano
risposte scontate, poi puntualmente smentite dai “falsi miti di progresso” che la scienza e la tecnica ci hanno riservato.
In poco più di 50 anni, si è passati dalla carrozza trainata da cavalli alla conquista dello spazio e le automobili, diventate nel frattempo più uno status symbol (ed una cattiva abitudine) che una condizione di impellente
necessità, sarebbero state destinate presto (nell’immaginario
collettivo, ma anche in alcune azzardate ipotesi scientifiche) dalla strada alla pista di lancio e dalla gomma alle ali. I mezzi a 4 ruote hanno superato i cent’ anni di vita, ma le macchine avveniristiche di Metropolis di Fritz Lang sono ancora lungi dal venire: per contro, siamo sempre alle prese con ruote, volante, cambio, frizione e freni (a pedale e a mano). Il climatizzatore automatico, il navigatore satellitare o l’assistente al parcheggio sono semplici protesi addizionali, anche utili, ma che lasciano inalterata la sostanza del mezzo. Sulle automobili moderne occorre sempre un umano alla guida, in barba al sogno di mezzi auto pilotati. Le automobili corrono sempre e solo su strade, proprio come un secolo fa. Eccola, la Modernità.
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