“Il conflitto è padre di tutte le cose”, diceva il sapiente Eraclito. La cultura contemporanea
ha censurato questa verità primordiale, ed è come se avesse censurato
il mondo stesso: in tutti i campi, dalla politica alla letteratura, ha lavorato senza sosta, con un’ipocrisia e una protervia insuperabili, per smussare le punte estreme e rischiose del pensiero, per mettere a tacere le voci più intransigenti, virili, radicali.
Negli
ultimi venti o trent’anni gli individui e i popoli che non hanno
accettato la consegna del silenzio, che non si sono genuflessi di fronte
all’avanzata del nulla e alla sua manifestazione tangibile, cioè
l’americanizzazione del pianeta (da cui, com’è noto, consegue la
germanizzazione dell’Europa), sono stati marchiati a fuoco con il segno
dell’infamia o derisi come cascami, residuati bellici delle ideologie
novecentesche.
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