Il
matrimonio e la famiglia sono sotto attacco, e l’attacco è sferrato da
forze occulte e insidiose, che si servono della buona fede di un
pubblico manipolato ad arte e ormai abituato a pensare, o piuttosto a
credere di pensare, secondo categorie demagogiche preconfezionate:
pubblico che si illude di condurre una battaglia di civiltà per i
diritti dei “diversi” e, quindi, in teoria, dei più deboli, mentre è in gioco una posta altissima e ben diversa: la sopravvivenza della nostra civiltà, nel senso letterale dell’espressione.
Non è “soltanto” la nostra società che si trova in estremo pericolo, sospesa ormai sull’orlo dell’abisso: non soltanto
l’insieme pratico dei cittadini, con le loro reciproche relazioni
affettive, professionali, culturali; è la nostra stessa civiltà che
rischia il tracollo definitivo e irreparabile, vale a dire l’insieme dei
nostri valori, delle nostre tradizioni, dei nostri sistemi di pensiero.
Dal crollo di una società si può anche risorgere; dal crollo di una civiltà, no.
Certo, al posto di essa ne sorgerà una nuova; ma basata su altri
principi e su valori profondamente diversi, di cui saranno protagonisti
altri soggetti: altri popoli, altre comunità, altre maniere di vedere il
mondo e d’intendere il significato della vita. L’arte, la scienza, il
senso del bello, il senso del vero, il senso del giusto: tutto verrà
ricostruito su nuove basi, su diverse fondamenta. Non è detto che sarà
una brutta cosa, anzi, può darsi benissimo che la nuova civiltà sarà
migliore dell’antica: ma sarà un cambiamento doloroso. Nessuna civiltà
tramonta e scompare in modo indolore; e coloro che vivono quella fase
storica pagano sulla loro pelle un prezzo altissimo, senza alcuno sconto
e, per lo più, senza un orizzonte di speranza: per loro, il mondo che
sta finendo è tutto il mondo. Così l’hanno vissuta i Romani della tarda
antichità, quando i templi del paganesimo venivano abbattuti e Roma, la
Città Eterna, veniva presa e saccheggiata dai barbari: fu un trauma
sconvolgente, senza precedenti.
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