Sarebbe forse il caso, come suggerisce il filosofo Roberto Mancini (http://www.c3dem.it/9136),
di affermare con risolutezza che la crisi che sta colpendo l'Occidente
non è in realtà una crisi (quindi superabile mediante azioni correttive
guidate dal medesimo pensiero unico), bensì il fallimento definitivo di
un modello di vita imposto a miliardi di persone dalla cosiddetta
globalizzazione economica.
Il
cortocircuito, ed è necessario ribadirlo per non fermarsi ad un'analisi
mediocre del nostro tempo, è dovuto alla follia del sistema
capitalistico giunto alla sua fase di massima insostenibilità.
Va notato a proposito - perché la Storia non smette di illuminarci con i
suoi paradossi - che nel momento preciso in cui il capitalismo si è
liberato del suo peggior avversario su scala mondiale (il socialismo
reale o comunismo storico) è cominciata a saltare agli occhi con
evidenza macroscopica la sua incapacità di guidare l'umanità verso forme
di convivenza sensate e pacifiche. Così il capitalismo mostra oggi il
volto sfigurato del suo fallimento, senza che possa accusare di questo
alcun nemico esterno. A conferma di quanto detto notiamo che dopo la
caduta del muro di Berlino, l'esaltazione maniacale conseguente al
decesso del vecchio competitor, ha precipitato l'intera società
verso una inedita forma di barbarie culturale ed economica, segnata dal
dominio della finanza, dallo spreco delle risorse naturali,
dall'impoverimento dei rapporti umani e da nuovi focolai di guerra
sparsi in giro per il mondo.
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