Ma nonostante la logica dica il contrario, si continua a proporre la crescita come imprescindibile obiettivo e panacea di tutti i mali. Come ottenere questa crescita è del tutto indifferente, va bene qualsiasi cosa, dalla vendita di armi, alla produzione in massa di oggetti superflui, dalla cementificazione del territorio, alla costruzioni di grandi e devastanti opere, dalle mega fabbriche inquinanti, alla costruzione di inutili e costosissime infrastrutture energetiche. Tutto purché si aumenti di qualche "zero virgola" la crescita e si possa quindi dimostrare che il paese è progredito. Con quali conseguenze, che poi si ripercuoteranno pesantemente anche negli anni a venire, poco importa perché il paradosso della crescita è proprio quello che pure i danni fanno crescere il paese, quindi più ammalati di cancro e malattie varie ci sono, con relative spese sanitarie e più il PIL cresce. Già solo questo parametro aberrante dovrebbe evitare di prendere come riferimento il PIL e avere la crescita come obiettivo.
Noi non abbiamo bisogno del cancro della crescita ma di prosperità e benessere che possono tranquillamente essere raggiunti senza essere legati indissolubilmente alla crescita. Ormai anche molti economisti ci dimostrano che esistono parametri economici migliori e più efficaci per misurare il reale benessere di un paese. Uno degli ultimi importanti lavori in questo senso è della prestigiosa economista Kate Raworth con la sua teoria sull’economia della ciambella, che indica come liberarsi dalla dipendenza dalla crescita, riprogettare il denaro, la finanza e il mondo degli affari, per metterli al servizio delle persone.
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