Il pozzo di San Patrizio di soldi che risponde al nome di Alitalia avrà un altro donatore di sangue, che si chiama Ferrovie dello Stato, cioè noi. Sembra una barzelletta invece è vero. Le ferrovie che salvano gli aerei, quegli stessi aerei che sono il simbolo della modernità, del progresso inarrestabile, dell’umanità che vola ovunque, salvati dal trenino ciuf ciuf.
Sarebbe il primo caso al mondo in cui le ferrovie salvano una compagnia aerea e in teoria i due mezzi di trasporto sarebbero anche in concorrenza, addirittura quello teoricamente più debole soccorre il più forte. Ad oggi in questo pozzo senza fondo sono già stati buttati i soliti fiumi di soldi pubblici, messe in cassa integrazione migliaia di persone e nemmeno di fronte alla assoluta evidenza ci si vuole capacitare e accettare che sia un fallimento totale. Dalla sua nascita, ad Alitalia sono andati 8,7 miliardi di soldi presi dalla collettività.
Quante ferrovie si facevano e quanti posti di lavoro si creavano con ben 8,7 miliardi di euro? Ci si rimetteva in sesto l’intero sistema ferroviario che sarebbe stato il più efficiente, puntuale e capillare del mondo. Invece si è fatto esattamente il contrario.
Nei treni dei pendolari, in ore di punta si viaggia come nei carri bestiame e le tratte, che non siano quelle dei Signori che viaggiano con l’alta velocità, sono alla sbando. Incidenti, treni spesso in ritardo, manutenzione e pulizia pessime, mezzi obsoleti che costringono a viaggi della speranza laddove molti esasperati dallo stato assurdo in cui versano le ferrovie, o i mezzi pubblici in genere, sono costretti a usare l’automobile.
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