Quando i rappresentanti dei vertici economico-finanziari e dei media mainstream iniziano a starnazzare sul pericolo di rivolte e di rimessa in discussione dei principali assunti dell’attuale modo di produzione è il momento di alzare le antenne e aprire bene le orecchie.
Recentemente, con riferimento alle élite che non sono disposte ad apportare cambiamenti radicali all’economia statunitense, Anand Giridharadas, editor-at-large della rivista Time e autore del libro Winners Take All, ha affermato “queste persone, sinceramente, stanno chiedendo, supplicando di essere detronizzate e devono aprire gli occhi riguardo alla fase in cui si trovano”.
Su questo punto concorda con Ray Dalio, che dirige l’hedge fund più grande del mondo (che in base a una stima di Forbes ha un patrimonio di 18,4 miliardi di dollari) e che ha detto, sia durante il programma televisivo “60 Minutes” sia su LinkedIn, che gli attuali livelli di disuguaglianza sono “un’emergenza nazionale”, aggiungendo che “il sogno americano è andato perduto”.
Entrambi, poi, concordano su una cosa: se il capitalismo negli Stati Uniti non subirà una riforma entro un certo periodo, scoppierà qualche tipo di rivolta.
Entrambi, poi, concordano su una cosa: se il capitalismo negli Stati Uniti non subirà una riforma entro un certo periodo, scoppierà qualche tipo di rivolta.
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