Un
nuovo spettro si aggira tra i Paesi occidentali: esso si chiama
populismo. In questo modo vengono classificati quei partiti che, ad
esempio, in Europa mettono in discussione la globalizzazione, i mercati
finanziari, la moneta unica europea, l’attuale processo di integrazione
del Vecchio Continente, la politica di immigrazione e le politiche di
austerità. Sebbene questi partiti stiano spuntando ovunque e stiano
avendo un sempre maggiore seguito elettorale, stando ai partiti
tradizionali e ai loro organi di informazione non dovrebbero avere
diritto di cittadinanza politica. Così in Francia si ripropone senza
successo (vista la recente sconfitta a Brignoles) un “Fronte
repubblicano”, formato da socialisti e dall’UMP di Nicholas Sarkozy, per fronteggiare l’ascesa del Fronte Nazionale di Marine Le Pen. In Olanda si forma un Governo per escludere il partito di Geert Wilders. In Italia si fa un Governo delle larghe intese, che non tiene conto delle proposte lanciate da Beppe Grillo.
Anche in Svizzera ci si indigna dei successi del Movimento dei
cittadini ginevrino e della Lega dei ticinesi. E così via. Non si puo’
nemmeno escludere che tra non molto anche il Papa Francesco venga
accusato di populismo per la sua attenzione ai poveri e per le sue
critiche a questa società fondata unicamente sul denaro e quindi
idolatrica.
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