Alle volte, nel cuore della notte, davanti al fuoco di certi accampamenti nei deserti del sud-ovest asiatico, ero solito raccontare la favola dell’aquila, dell’orso e del dragone, con gran divertimento dei miei interlocutori arabi e persiani.
La storia narra di come, nel ventunesimo secolo, l’aquila, l’orso e il dragone si erano sfilati i guantoni (di pelliccia) e avevano dato inizio a quella che sarebbe diventata la Guerra Fredda 2.0.
Mentre ci avviciniamo alla fine della seconda decade di questo secolo già incandescente, forse è utile aggiornare la favola. Con tutto il rispetto per Jean de la Fontaine, scusatemi mentre bacio nuovamente il cielo (del deserto).
Sono lontani i tempi in cui un orso frustrato si era ripetutamente offerto di cooperare con l’aquila e con i suoi scagnozzi su un problema scottante: i missili nucleari.
L’orso aveva ripetutamente sostenuto che lo spiegamento di missili intercettori e di radar in quella terra di ciechi alla guida di altri ciechi (l’Europa) costituiva una minaccia. L’aquila aveva sempre ribattuto che lo faceva per proteggerli dai cattivi Persiani.
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