STUPIDA RAZZA

venerdì 10 maggio 2019

Sinistra, anno zero (una lunga storia di tradimenti e divisioni)



Dall'abbraccio del blairismo all'abbandono delle politiche sociali, dal renzismo alle esperienze arcobaleno arrivando all'odierno, ovvero all'irriformabilità del Pd e all'irrilevanza di ciò che è più radicale. Un'analisi (spietata) per ricostruire tappe ed errori che ci hanno portato all'oggi, dove non si intravede ancora nel Paese un vero progetto progressista, ambizioso e credibile. 

di Matteo Pucciarelli e Giacomo Russo Spena

Vent'anni che hanno cambiato tutto, portando alla dissoluzione una lunga, e a suo modo gloriosa, storia di lotte, conquiste e presenza nei luoghi di lavoro, di socialità, culturali. Vent'anni nei quali la sinistra italiana si è autoesclusa dai giochi della politica, per miopia, scarso coraggio, mancata lettura del presente, politicismo spicciolo e a tratti patetico. Una storia triste, avvilente.

Eppure nei primi anni 2000 l'Italia era considerata un laboratorio politico per il progressismo radicale internazionale, veniva studiata ed ammirata: non è un mistero che leader europei di oggi come Alexis Tsipras, Pablo Iglesias o Ada Colau siano stati a più riprese in Italia per apprendere le sperimentazioni politiche dei No global e del movimento pacifista. Fu l’apice di una sinistra contaminata con le realtà territoriali, una sinistra forte socialmente. E oggi? La sinistra propriamente intesa non sembra più esistere, scomparsa dal dibattito pubblico. Rimangono gli elettori e militanti ipotetici, erranti tra un populismo a rimorchio della Lega e di proprietà di un oscuro manager che ha ereditato il partito azienda dal padre (i 5 Stelle e Davide Casaleggio) e una “sinistra” troppo vicina – se non parte - dell’establishment (Pd). Ci sono nuove liste in vista delle Europee: ma cerchiamo di capire, prima, com'è stata possibile la polverizzazione della sinistra italiana in un così relativamente breve lasso di tempo.

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