NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
sabato 6 luglio 2013
Per un nuovo Occidente
Karl Polanyi appartiene di diritto a quel novero di studiosi che hanno provato a dare una loro definizione di quel fuggevole soggetto che è il "capitalismo". Il capitalismo non è un sistema definito come tale, prima che s'ingeneri l'incontro tra l'opus magnum che lo criticava "Il Capitale" di Karl Marx ed uno studioso (marxista) di storia e di storia economica, Werner Sombart. Ciò avviene più o meno i primi del Novecento e da allora sentenziamo a proposito di questo sistema, anche se la sua definizione è tutt'altro che chiara e condivisa.
Karl Polanyi si iscrive al dibattito sull'argomento, dopo Adam Smith, Karl Marx, Max Weber, Thorstein Veblen, ma certo prima di Fernand Braudel, Joseph Schumpeter e dei neoliberali. Che cos'è quindi ciò che chiamiamo capitalismo, per Polanyi ? In cosa la sua visione è differente da quella degli altri? Polanyi era sì un economista ma più sul versante della sua storia, della sua antropologia, che non della sua meccanica. La sua è quindi una visione intera, come se il soggetto fosse visto dal di fuori, cercando di abbracciarlo come fenomeno e come significato. In un certo senso, la visione di Polanyi è precocemente sistemica, nel senso che anticipa una epistemologia che si formerà successivamente ai tempi in cui lui pensa e scrive. E' anche questo che rese Polanyi poco comprensibile ai suoi tempi ed è questo che invece ce lo rende perfettamente comprensibile e condivisibile, oggi.
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