STUPIDA RAZZA

lunedì 4 novembre 2013

Quell’anarco-capitalismo così comunitario

Se in seno alla filosofia politica c’è una contrapposizione che fatico a comprendere, è quella fra comunitaristi e anarco-capitalisti, ossia fra chi incarna l’esito più estremo e radicale del pensiero liberale e chi oppone all’astratto diritto dell’individuo a sé stesso un diritto basato sulla “natura” sociale dell’uomo.
Meglio: la comprendo fin quando sono in gioco le premesse di entrambi i filoni ideologici. Fin quando cioè, si tratta di capire se il singolo debba essere considerato una “tabula rasa” libera di dipendere dalle proprie scelte individuali in ogni ambito della sfera etica, religiosa, economica etc., o se la sua identità e la sua individualità non siano già orientate dalla sua storia e dalla sua appartenenza natia. Terminato questa indagine preliminare, gli esiti delle due proposte filosofiche sembrano molto simili perché l’anarco-capitalismo, nei suoi risvolti ultimi, è “de facto” comunitarista, e quella sua insistenza sulla parola “capitalismo” o “liberismo” misconosce clamorosamente il legame indissolubile che esiste tra l’amato “libero mercato” e il vituperatissimo “Stato”.
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