A
 distanza di qualche giorno dal referendum greco e annessa valanga di 
“No” al piano di salvataggio della Troika, possiamo tentare di dare le 
prime parziali risposte almeno a due domande che avevamo formulato nell’immediatezza dell’evento.
Prima di tutto, a quella che riguardava la strana posizione del Fondo monetario internazionale (Fmi),
 che il 26 giugno aveva prodotto un rapporto di “analisi sulla 
sostenibilità del debito greco” – circolato pubblicamente solo cinque 
giorni dopo – in cui si confermava chiaramente che il debito greco non è sostenibile e che esso necessita di una pesante ristrutturazione che, secondo le condizioni future, potrà prevedere un periodo di ammortamento molto più lungo o perfino un taglio netto (haircut).
 Riconoscendo di fatto la validità delle tesi greche e sconfessando il 
piano di salvataggio della stessa “Troika” ci cui il Fmi è parte 
integrante insieme alla Banca centrale europea (Bce) e alla Commissione 
europea, e rendendo immediatamente anacronistica la famosa “lettera” di Alexis Tsipras in cui questi accettava sostanzialmente il piano di salvataggio, pur avendo già annunciato il referendum.
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