Il sistema capitalista si basa sulla disposizione
 psicologica all’insaziabilità. Secondo Robert e Edward Skidelsky se può
 uscire solo riscoprendo l’idea antica di “eudaimonia”
                
                    
                    
                Siamo abituati ad ascoltare molte critiche alla 
crescita e allo sviluppo economico (come bene in sé, come “fine senza 
fine”) che provengono da considerazioni d’ordine scientifico circa 
l’insostenibilità degli impatti ambientali sugli ecosistemi naturali (il
 riscaldamento globale antropogenico, la perdita di biodiversità e via 
dicendo), oppure d’ordine politico-morale circa le insopportabili 
ingiustizie nella distribuzione dei benefici sociali ricavati dal 
sistema produttivo globalizzato. Non che queste non siano considerazioni
 drammaticamente vere, ma secondo Robert e Edward Skidelsky, (Quanto è abbastanza. Di quanto denaro abbiamo davvero bisogno per essere felici? (meno di quello che pensi),
 Mondadori, 2013, pp305, Euro17,50) si tratta di argomenti deboli, che 
non colgono il nocciolo del problema: l’essere il nostro un sistema 
economico e sociale “privo di senso” [p.15] e un “progresso senza scopo”
 [p.62]. Inoltre gli argomenti che potremmo definire di tipo 
eco-socialista non riescono a “presentare una visione della vita buona 
come qualche cosa da perseguire non per senso di colpa o per paura di un
 castigo, ma con felicità e speranza” [p.167]. Serve quindi recuperare 
una “visione dello scopo della ricchezza” [p.287] a partire da una idea 
di “vita buona” (attingendo senza vergogna anche dal pensiero 
preillumistico e premoderno) ben diversa da quella su cui si fonda il 
capitalismo che fa dipendere la stessa “felicità” dalla accumulazione e 
dal possesso di denaro da giocare sulla sfera dei consumi.leggi tutto:
http://www.sbilanciamoci.info/Sezioni/globi/La-fine-dell-eta-dell-abbondanza-19167

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