STUPIDA RAZZA

martedì 10 settembre 2013

Se la grande industria diventa piccola

Bisognerà infine prenderne atto. Così come la democrazia non si esporta con la guerra, neanche il modello della grande impresa capitalistica attecchisce facilmente in una nazione come l' Italia: disarticolata nelle sue centinaia di campanili, sotto i quali la piccola impresa ha dato luogo alla fusione, nel benee nel male, fra economiae famiglia. Talvolta con le virtù della cooperazione ma altrove con i vizi dei clan. Sviluppandosi col talento creativo delle arti e dei mestieri, ma sempre con la tentazione della chiusura protezionistica. Marxisti e capitalisti confidavano di risolvere nella forma superiore della grande impresa tale caratteristica molecolare, indicata come una tara di arretratezza sociale. Ma il panorama desolante delle fabbriche che chiudono scompagina il loro schema: davvero non esiste un futuro italiano pensabile senza imprese con migliaia di dipendenti? Basta uno sguardo d' insieme sui registri delle Camere di Commercio per mettersi alle spalle la controversia che divide gli economisti e i sociologi fin da quando, alla fine degli anni Ottanta, Giuseppe De Rita lanciò la provocazione del "piccolo è bello". Alla quale gli industrialisti replicarono osservando che la seconda economia manifatturiera d' Europa non può certo reggersi senza uno scheletro di grandi industrie, pena ritrovarsi afflosciata su se stessa.
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 http://ricerca.gelocal.it/repubblica/archivio/repubblica/2013/09/09/se-la-grande-industria-diventa-piccola.html

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