STUPIDA RAZZA

giovedì 12 maggio 2022

Biden consacra Draghi: Hai unito Ue e Nato

 

 È iniziato ieri il viaggio di Mario Draghi n eg l i Usa, dove ha avuto un faccia a faccia in serata con Joe Biden. «Putin vo l eva dividerci, ma non ci è riuscito», ha detto il presidente americano al premier, aggiungendo: «C’è una cosa che apprezzo di lei: il suo sforzo di unire Nato  e Ue: e ci è riuscito». «Dobbiamo utilizzare ogni mezzo per la pace, per un cessate il fuoco e l’avvio di negoziati credibili», ha affermato D ra g h i , che avrà oggi un incontro al Congresso con la speaker della Camera, Nancy Pelosi, e con parlamentari di entrambi i partiti. Sempre oggi, l’inquilino di Palazzo Chigi terrà un punto stampa presso l’a m ba s c i ata italiana, per poi ricevere il Distinguished Leadership Award all’Atlantic Council. Non è un viaggio semplice quello del premier. Nonostante i legami con l’attu a l e amministrazione Usa (soprattutto attraverso il segretario al Tesoro, Janet Yellen), D ra g h i è infatti arrivato Oltreatlantico afflitto da due problemi. Innanzitutto, la maggioranza che sostiene il suo governo è attraversata da svariate fibrillazioni, a partire dai crescenti mal di pancia espressi verso ulteriori invii di armi a Kiev. In secondo luogo, la stessa Ue appare tutt’altro che compatta, come dimostrato dal dibattito sul sesto pacchetto di sanzioni. Un’Ue inoltre divisa sul dossier ucraino tra un asse franco-tedesco più favorevole al rilancio dei negoziati e il blocco costituito da baltici e polacchi, maggiormente allineato all’a pproccio muscolare di Lond ra . Secondo indiscrezioni riferite dal Corriere della Sera, B id e n avrebbe intenzione di chiedere a D ra g h i un deciso taglio all’importazione di gas russo e un impegno significativo nell’invio di armamenti all’Ucraina. «La cooperazione può avere costi molto alti», ha del resto detto ieri B id e n all’i ta l i a n o. È tuttavia probabile che, sotto entrambi i punti di vista, il premier possa rendere manifeste delle difficoltà. Ragion per cui, riferisce sempre il quotidiano milanese, l’inquilino della Casa Bianca potrebbe chiedere, quasi come parziale alternativa, che Roma contribuisca al rafforzamento del fianco orientale della Nato. Ora, davanti a un simile scenario, il premier si trova di fronte a due strade. O restare in mezzo al guado da semplice gregario, cercando un compromesso al ribasso tra la linea dell’Eliseo e quella della Casa Bianca. Oppure giocare d’a nt ic i - po, rilanciando la centralità de ll’Italia a livello transatlantico. Draghi dovrebb e, cioè, tentare di uscire da schemi precostituiti e creati altrove, valorizzando la specificità del nostro Paese. Certo, non è facile. Ma neppure impossibile. L’i n qu i l i - no di Palazzo Chigi deve far capire a B id e n l’entità delle conseguenze che la crisi ucraina comporta e, in particolare, gli indissolubili legami di questa stessa crisi con il bacino del Mediterraneo. È quindi in tal senso che, nel suo viaggio americano, dovrebbe proporre un rafforzamento del fianco meridionale della Nato, in vista di una stabilizzazione del Nord Africa, a partire dalla Libia. È vero: a prima vista può sembrare un argomento «fuori tema» rispetto alla crisi ucraina. Ma non è così. In primis, la stabilizzazione della Libia permetterebbe un incremento delle forniture di gas all’Ue, riducendo così la sua dipendenza da Mosca senza eccessivi contraccolpi economici. D ra g h i deve quindi far capire al suo interlocutore che non possono bastare le navi di gas naturale americano: un palliativo, del tutto inadeguato nel lungo termine. In secondo luogo, bisogna ricordare che il Nord Africa sta da tempo subendo una crescente influenza da parte dell’asse sino-russo. L’Algeria, a cui Roma si è rivolta per il gas ha ricevuto ieri Sergej Lavrov in un clima amichevole, mentre la longa manus di Mosca si è da anni allungata sulla parte orientale della Libia. Non solo: poche settimane fa, Vladimir Putin ha trasferito circa un migliaio di mercenari e miliziani filorussi dislocati in Libia nel teatro di guerra ucraino. In terzo luogo: il rafforzamento del fianco meridionale della Nato potrebbe contrastare l’eventuale uso dei migranti come arma politica. Mosca usa l’Est libico per irradiare la propria influenza sul Sahel: crocevia fondamentale dei flussi migratori diretti verso l’Ue. La crisi bielorussa di novembre ha del resto già mostrato che il Cremlino è propenso a usare questo strumento per mettere sotto pressione i confini europei. Un fattore, questo, che potrebbe drammaticamente essere favorito dalla crisi alimentare che, come sottolineato dall’ultimo summit del G7, va aggravandosi. Ieri, Kiev ha riferito che i russi avrebbero portato nel Mediterraneo il grano sottratto all’Ucraina e che sarebbe in viaggio verso la Siria. Infine, rafforzare il fianco sud della Nato sarebbe funzionale ad arginare la minaccia balistica di Teheran (che è una stretta alleata di Mosca). D ra gh i dovrebbe insomma insistere per ottenere un ruolo di leadership nel Mediterraneo, facendo presente a B id e n che non ha senso consolidare il fianco orientale della Nato, lasciando sguarnito quello meridionale. Tutto questo, puntando sul fatto che Washington al momento non si fida né della Francia (che ha in passato sostenuto in Libia il filorusso Khalifa Haftar) né della Turchia (che intrattiene rapporti piuttosto freddi con l’amministrazione Biden). D ra g h i può dunque cercare di negoziare a Washington u n’intesa che controbilanci il peso politico della Francia e quello economico della Germania (il mese scorso la Yell en invocò d’a l tro n d e maggiore flessibilità per il patto di stabilità). Questo viaggio americano può essere una grande opportunità. Non sprechiamolo con i compromessi al ribasso.

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