STUPIDA RAZZA

domenica 8 maggio 2022

La produzione industriale in Germania crolla del 3,9%

 

La produzione industriale in Germania in marzo è crollata del 3,9% sul mese precedente, quattro volte più di quanto si aspettavano gli analisti di mercato che avevano previsto -1%. Si tratta, ha sottolineato l’ufficio di statistica Destatis nel presentare il dato, della flessione più pesante dallo scoppio della pandemia: l’ultima volta che si è verificato un calo più marcato è stato nell’aprile 2020 (-18,1%) agli inizi della crisi pandemica. La guerra in Ucraina e il ritorno delle restrizioni in Cina per la politica dello zeroCovid (entrambe esasperano le strozzature nelle catene di approvvigionamento già lacerate durante la pandemia in Europa), le sanzioni contro la Russia che colpiscono le esportazioni, la dipendenza dall’energia russa e l’impennata dell’inflazione (attesa al 7,4% in aprile) stanno tirando il freno alla crescita dell’economia tedesca. Il crollo della produzione industriale, abbinato alla flessione peggiore del previsto dei nuovi ordini dell’industria manifatturiera (-4,7% in marzo) e ai perduranti problemi dei colli di bottiglia, aumenta la probabilità di una stagnazione nel secondo trimestre, anticamera della recessione. «La guerra può anche comportare una recessione economica e con essa un aumento della disoccupazione. Il rischio di insolvenza sui prestiti aumenterebbe e con esso le sofferenze bancarie», ha detto Mark Branson, presidente di BaFin, supervisore dei mercati e delle banche, lo scorso martedì. Destatis ha sottolineato ieri come molte imprese tedesche abbiano ancora problemi per completare gli ordini a causa delle strozzature sulle forniture: nell’indagine di   aprile dell’istituto Ifo l’80,2% delle imprese manifatturiere tedesche (quattro su cinque) si è lamentato per i colli di bottiglia e per la carenza di materie prime: il record assoluto per questa indagine era stato toccato durante la pandemia con una quota dell’82% delle imprese con problemi di strozzature sugli approvvigionamenti. «Dopo gli ultimi cinque incrementi consecutivi, la produzione industriale ha subito una grave battuta d’arresto a marzo, principalmente a causa della guerra russa in Ucraina», ha commentato il ministero dell’Economia. Nel dettaglio, la produzione di beni strumentali è calata del 6,6%, dei beni intermedi del 3,8%, di prodotti energetici dell’11,4% perché i prezzi alti hanno frenato la domanda, mentre solo nella produzione di costruzioni è stato registrato un aumento dell’1,1%. Esclusa energia ed edilizia, la produzione è scesa del 4,6%. Particolarmente colpito il settore dell’auto, con una produzione in picchiata del 14% in marzo rispetto a febbraio: il settore automobilistico traina il crollo del manifatturiero. La produzione nel settore automotive tedesco, ha messo in evidenza ieri il capo economista di Capital economics, è solo al 63% del livello pre-pandemico e meno della metà del picco toccato nel 2017. Per l’ufficio studi di Commerzbank, la produzione industriale calerà anche nei prossimi mesi, e questo controbilancerà in negativo l’aumento dei servizi grazie l’allentamento delle restrizioni pandemiche. La politica di zero-Covid in Cina tuttavia non andrà avanti all’infinito. Nel momento in cui le restrizioni decadranno, i colli di bottiglia provocati dal lockdown cinese verranno meno. Il capoeconomista di Commerzbank Jörg Krämer prevede comunque un calo della produzione industriale tedesca nel secondo trimestre: pesa l’industria automobilistica. «A causa della debolezza del settore manifatturiero e degli alti prezzi dell’energia, è probabile che il Pil tedesco ristagni nel secondo trimestre nonostante l’allentamento delle restrizioni per il Coronavirus. Per il 2022 ci aspettiamo una crescita del Pil del 2,0%: in caso di embargo energetico, è da aspettarsi una profonda recessione», ha previsto Krämer. Tiene infine il mercato del lavoro in Germania. La disoccupazione è calata in aprile al 5%: 2,309 milioni di disoccupati (-53.000). E ieri l’Ifo ha registrato in aprile una forte flessione dei lavoratori a orario ridotto, che sono scesi a 426.000 contro i 696.000 di marzo (l’1,3% della forza lavoro contro il 2,1%).

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