STUPIDA RAZZA

domenica 29 maggio 2022

Usiamo lo scambio fra energia e cibo per stabilizzare il Mediterraneo

 

Se l’Euro pa tornerà a produrre grano e beni alimentari, potrà stabilizzare il Mediterraneo offrendo ai Paesi africani cibo in cambio di energia. L’Italia deve avere un ruolo da protagonista in questo processo. Anche scavalcando le obiezioni di Francia e Germania sfruttando la sponda degli Stati Un i t i .  In generale, la situazione nel sistema globale sta ridando valore al settore dell’economia primaria, cioè alle risorse basiche: cibo, energia e minerali. Finora l’Ue ha tenuto una politica dove era conveniente importare questi beni primari, limitando le produzioni nel suo perimetro. Ora il sorgere di nuovi confini nel globo, e loro derivazioni come scarsità/costi, pone all’Ue, e in essa all’Italia, la necessità di dipendere meno dalle importazioni aumentando le produzioni basiche entro il perimetro stesso. Ciò mette al centro dell’analisi di geopolitica economica la produttività del territorio nelle giurisdizioni europea e nazionali, in particolare agricola. È nelle cronache da giorni il rischio di catastrofe alimentare per il blocco delle esportazioni di prodotti agricoli da Russia e Ucraina verso i Paesi con territorio arido, con potenziale di destabilizzazione della costa Sud del Mediterraneo e impatto migratorio sull’Ita l i a . Ha forse meno visibilità, ma è già in atto con impatto pesante per l’Italia, la scarsità di grano tenero, olio di semi, eccetera che mette in difficoltà il settore della panificazione, industria dolciaria, eccetera, nonché quella dei fertilizzanti e mangimi per l’attività agricola per lo stesso motivo. L’Italia ha iniziato un’a z ione diplomatica di sblocco, il G7 cercherà mitigazioni dell’emergenza, così come l’Onu. Ma sta emergendo anche un’altra evidenza: un attore geopolitico che ha capacità di esportare cibo moltiplica la propria forza condizionante oltre a ridurre la propria vulnerabilità. Nel pensiero strategico statunitense, come in quello russo, tale fattore ha sempre avuto rilevanza. Ora l’Ue dovrà inserire l’aum ento della sua capacità alimentare non solo per dipendere meno dalle importazioni, ma anche per darsi uno strumento formidabile di stabilizzazione del Mediterraneo via condizionalità indiretta di lungo termine. Chi scrive sta annotando con matita e carta le domande da farsi per poi indirizzare la ricerca della fattibilità. La prima è: quanto e in quanto tempo l’Ue potrà diventare esportatore di alimenti? La seconda: quanto l’Italia potrà indirizzare l’Ue verso la strategia di stabilizzazione del Mediterraneo via fornitura di cibo? Ce ne sarebbe anche una terza: quanto il cambiamento climatico impatta sulle capacità produttive di cibo nelle latitudini sia europee occidentali sia più meridionali? Questa la valuteremo più avanti perché più dipendente dall’e c oad atta m e nto, ancora vago negli eurolinguaggi fanatizzati dalla concentrazione sulla decarbonizzazione, che non dall’i mpatto climatico in sé. Cerchiamo di ipotizzare una risposta preliminare alle prime due. Una prima analisi dei potenziali grezzi e macro del territorio europeo confermano l’ipotesi, se non di un raddoppio, di un aumento considerevole della produttività agricola/alimentare. Ovviamente tale analisi di potenziale deve essere filtrata da quella economica: i prezzi alla produzione devono soddisfare i coltivatori, molti più terreni di quanti liberati dall’Ue e suoi Stati qualche settimana fa per lo sfruttamento agricolo dovrebbero essere resi disponibili, bisogna risolvere la concorrenza tra uso delle risorse commestibili per trasformazione in cibo con quella per produrre biocombustibili (recentemente incentivati dall’Ue), eccetera. Ma il potenziale c’è, almeno per esportazioni nella costa africana e suo retroterra sahariano, Egitto e penisola arabica (i cui Stati, però, già si approvvigionano nell’Africa fertile, eccetera). Se poi si aggiunge,probabilmente entro un biennio, la possibilità di utilizzare almeno i tre quarti del territorio ucraino che resterà nelle mani di Kiev in convergenza con L’Ue, pur condizionata dall’A m e r ic a il cui atteggiamento potrebbe oscillare tra concorrenza e collaborazione strategica, il potenziale potrebbe aumentare, permettendo anche la costruzione di riserve nonché proiezioni geopolitiche più profonde. Tuttavia, per l’Ue e parecchi suoi Stati una politica agricola finalizzata non solo alla minore dipendenza dalle importazioni, ma anche a poter esportare grandi masse, potrebbe eccedere la capacità del «protezionismo agricolo» che è un pilastro dell’Ue stessa. Tale eventuale problema può essere risolto da una revisione dei valori a favore dell’a g r ic o ltura: se farne di più porta vantaggi, gli attori economici del settore possono godere di più incentivi. Ma la Germania potrà acconsentire a un ingaggio più deciso e impegnativo a Sud? La Francia potrà condividere la strategia «cibo per stabilità»? Quanto i due sono sensibili al pericolo migrazione per fame avendo la possibilità di scaricare tutto il rischio sull’Italia? Al momento si può rispondere per la parte economica: uno scambio contrattualizzato tra forniture di energia dai Paesi aridi del Mediterraneo e di cibo dall’Eu ro pa potrebbe portare a prezzi sostenibili, calmierati, ma incentivanti per gli agricoltori, e a una maggiore sicurezza dello stesso ciclo. Geopolitica? La vera frontiera meridionale dell’Ue è il Niger. L’Ue sta includendo sempre più l’o rga n i z za z ione unitaria degli Stati africani in operazioni di convergenza dove è implicito, oltre che il rifornimento di minerali critici, anche il contrasto alla penetrazione c i n e s e. In conclusione, chi scrive pensa che l’Italia abbia chance per portare l’Ue a Sud come detto, ottenendo sicurezza e, pur condiviso, lo status di hub, in entrata, di gas per tutta l’Ue e, in uscita, di cibo per tutto il Mediterraneo. E se l’Ue non ci volesse dare tale centralità? L’Italia dovrebbe ottenere il sostegno dell’A m e r ic a.

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