STUPIDA RAZZA

lunedì 16 maggio 2022

Ecco L’IMMIGRAZIONE che verrà

 

I rincari delle materie prime e il blocco delle derrate alimentari provenienti da Russia e Ucraina stanno affamando l’Africa con il rischio di massicce ondate di disperati in fuga non dalle guerre ma dalla fame. Un’e m e rge n - za che la Ue si ostina a non considerare. Un effetto collaterale soprattutto per il nostro Paese, che finora non è stato messo nell’agenda europea, né in quella italiana.L’atte n z io n e generale è concentrata sull’evoluzione del conflitto in Ucraina ma c’è un effetto collaterale che finora non è stato messo nell’agenda europea e nemmeno italiana, anche se toccherebbe da vicino il nostro Paese. È il rischio di una migrazione di massa dall’A f r ic a spinta dall’intensificarsi dei problemi economici e agroalimentari. Il blocco russo dei container nei porti del Mar Nero, carichi di grano e mais (ben 25 milioni di tonnellate sono ferme), sta mettendo a dura prova i Paesi africani. Il prolungamento della guerra porterà in Ucraina al taglio delle semine primaverili di cereali. Saranno dimezzate su una superficie di 7 milioni di ettari rispetto ai 15 milioni precedenti l’invasione della Russia. Il che si aggiunge alle difficoltà del commercio internazionale di materie prime a g r ic o l e. Le Nazioni Unite hanno già lanciato l’allarme per il pericolo di una catastrofe globale sul piano agricolo e alimentare come mai era accaduto dalla seconda guerra mondiale, quale effetto collaterale del conflitto ucraino. Secondo un’analisi di Coldiretti sulla base dei dati del centro studi Divulga, rischia di venire a mancare oltre un quarto del grano mondiale. Ucraina e Russia controllano assieme il 28% degli scambi internazionali di frumento, con oltre 55 milioni di tonnellate movimentate, ma anche il 16% del mais (30 milioni di tonnellate) per l’alimentazione degli animali negli allevamenti e ben il 65% degli scambi di olio di girasole (10 milioni di tonnellate). Milioni di tonnellate di grano sono intrappolate in magazzini a terra o su navi che non possono muoversi. Il direttore esecutivo del World food programme, Dav id B ea s ley, l’ha definita una «catastrofe su catastrofe» sottolineando che «44 milioni di persone nel mondo stanno marciando verso la fame». Ha aggiunto che «il tempo sta per scadere e il costo dell’inerzia sarà più alto di quanto si possa immaginare». Se i porti non dovessero riaprire i contadini ucraini non avranno un luogo dove conservare il prossimo raccolto di luglio e agosto, è lo scenario tracciato dal Wfp, con il risultato che «montagne di grano andranno perse» mentre il mondo implora a i uto. In questo momento in Africa 1 persona su 5 ( 282 milioni di abitanti) soffre di denutrizione e 93 milioni di persone in 36 Paesi stanno rimanendo senza cibo. I Paesi colpiti da guerre, guerriglie e violenze sono 20 con 7 colpi di Stato che si sono verificati solo nell’ultimo anno. Secondo Oxfam, i beni alimentari in tutto il continente sono schizzati alle stelle, più alto del 30-40% rispetto al resto del mondo, in proporzione al Pil pro capite. La Fao ha denunciato un aumento record del costo dei prodotti alimentari, un trend che può avere affetti destabilizzanti in molti Paesi poveri, soprattutto in Nord Africa. In Libia, Egitto, Tunisia, Algeria non arrivano più le navi cariche di grano a causa del conflitto russo. Il Libano deve l’81% delle sue forniture di cereali all’Ucraina. Il Cairo sta trattando con mercati alternativi e ha avviato la stagione di approvvigionamento di grano con due settimane di anticipo per non rimanere a secco. Una contestazione di agricoltori contro il governo si è svolta in Libano, all’i n aug u ra z io n e della fiera agricola di Tripoli dove erano presenti alte cariche politiche. Questo mix di fattori, ovvero l’instabilità politica, l’aumento delle materie prime e la crisi agroalimentare creano sfollati, profughi, migranti. All’esodo di centinaia di migliaia di persone dall’Ucraina si aggiungerebbero nuove ondate dal Nord Africa. L’Europa è pronta a gestirle? Domanda retorica. Il blocco delle esportazioni e i rincari di materie prime e carburanti colpiscono le industrie e allargano le fasce di povertà. Il flusso migratorio n Gianandrea Gaiani, lei dirige la testata Web Analisi difesa ed è stato consigliere per le politiche di sicurezza dell’allora ministro Matteo Salvini: crede ci sia davvero il rischio di una forte migrazione dall’Africa come effetto collaterale della guerra uc ra i n a? «In Africa sta esplodendo il problema alimentare. Russia e Ucraina sono grandi esportatori di grano ora bloccato nei porti. A questo si aggiunge la mancanza di fertilizzanti e l’aumento dei prezzi energetici. Un mix esplosivo che sta creando effetti devastanti sulla produzione agricola nel terzo mondo. Non è difficile prevedere che spinti da una crisi alimentare importante, i movimenti migratori dall’Africa aumentino». L’Europa è pronta a dare una risposta a questo tema? «Il ministro dell’I nteg razione francese ha dichiarato che i profughi ucraini potranno integrarsi bene nel mercato del lavoro europeo. Non concordo: la crisi energetica sta mettendo in difficoltà il mercato del lavoro europeo. Il caro energia e il previsto embargo del gas russo faranno perdere centinaia di migliaia di posti di lavoro portando povertà e disagio sociale. In questa situazione l’Europa sarà in grado di gestire e accogliere massicci movimenti migratori?». Non vedo il tema all’o rd i n e del giorno dell’agenda europea. Disattenzione e rinvio del problema? «Bella domanda. La Ue è vittima del diktat anglo americano che questa guerra va prolungata per indebolire la Russia. È un mantra che forse può rientrare negli interessi americani, ma sentire esponenti del Parlamento europeo e la presidente della Commissione europea parlare di vittoria dell’Ucraina fa venire i brividi. Sottovalutano i disastri che questa politica sta portando all’Un io n e europea. La guerra avremmo dovuta mediarla già otto anni fa, per impedire che si sviluppasse e avevamo gli strumenti per farlo come principali acquirenti di gas russo che transita in parte attraverso i gasdotti ucraini. Avremmo avuto la leva finanziaria ed economica per tentare di indurre i due Paesi al compromesso. Non lo abbiamo fatto allora e non lo facciamo ora, per seguire la logica di guerra ad oltranza voluto dagli Stati Uniti per indebolire i russi. Il risultato sarà la devastazione dell’Ucraina, il logoramento della Russia e soprattutto l’impoverimento dell’Eu ropa » . L’Europa quindi non è pronta ad accogliere maggiori flussi migratori? «Assolutamente no. Avremmo già costi di welfare importanti a causa della crisi economica ingigantita dalla guerra. Se aumenta la disoccupazione, il bisogno di ammortizzatori sociali interni crescerà. I maggiori costi energetici stanno portando al collasso le aziende e gli aiuti dei governi non possono durare all’infinito. Questo vale soprattutto per l’Italia che non ha il carbone della Germania o il nucleare della Francia. Come ha ammesso Confindustria, un terzo dell’industria italiana non ha più interesse a produrre perché i costi sono più alti del prezzo a cui vendere la merce. Le aziende che chiudono non riapriranno alla fine della guerra, le avremo perse per sempre. Sento parlare di aumento delle spese per la difesa. Tema rilevante e di grande attualità, ma sarà difficile portare avanti questo progetto nel momento in cui dovremo pensare a sussidi di disoccupazione su vasta scala». Che dovremmo fare? «Italia ed Europa hanno tutte le condizioni per svolgere un ruolo di mediazione, ma abbiamo accettato la narrazione orribile che la guerra è cominciata il 24 febbraio: invece è cominciata nel 2014 con la destabilizzazione dell’Ucraina. Per otto anni lo abbiamo ignorato e oggi ci esplode in faccia. Speriamo di non dover scoprire in ritardo anche le nuove ondate migratorie dai Paesi afro-asiatici».

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