STUPIDA RAZZA

domenica 8 maggio 2022

Sanzioni, non c’è accordo nella Ue

 

Si conferma complicato da mettere a punto il sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia, in piena guerra ucraina. Nodo del contendere nel negoziato tra i Ventisette è la proposta della Commissione europea di imporre un divieto di acquisto di petrolio russo. Malgrado le concessioni offerte ad alcuni Paesi dell’Est, l’intesa è ancora oggetto di discussioni tra i rappresentanti diplomatici - i più pessimisti non escludevano ieri un incontro dei ministri degli Esteri per far quadrare il cerchio. A segnare le trattative sono state le critiche dell’Ungheria. Il premier Viktor Orbán ha inviato una lettera di proteste alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Il Paese - insieme alla Slovacchia, alla Repubblica Ceca e alla Bulgaria - è particolarmente dipendente dal petrolio russo. «È stata attaccata, più o meno volontariamente, l’unità europea», ha affermato alla radio ungherese il primo ministro, notando come il mix energetico sia di competenza nazionale. «Ho detto sì ai primi cinque pacchetti di sanzioni, ma abbiamo chiarito fin dall’inizio che c’era una linea rossa: l’embargo energetico – ha proseguito il premier -. Hanno superato quella linea (...) C’è un momento in cui bisogna dire basta (…) La decisione deve essere unanime. Finché la questione ungherese non sarà risolta, non vi sarà il benestare del mio Paese». L’uomo politico ha poi aggiunto: «Un embargo petrolifero avrebbe l’effetto di una bomba nucleare sull’economia ungherese». Il pacchetto, che richiede in effetti l’unanimità dei Ventisette, prevede un embargo sul petrolio grezzo entro sei mesi e sul petrolio raffinato entro fine anno (si veda Il Sole 24 Ore di giovedì). Per l’Ungheria e la Slovacchia, i due Paesi più in difficoltà, Bruxelles aveva previsto un allungamento della moratoria sul greggio fino alla fine del 2023. Si negoziava ieri una ulteriore estensione, fino al 2024 per i due Paesi appena citati e fino al giugno 2023 per la Repubblica Ceca. Inoltre, si discuteva di compensazioni finanziarie (tanto che alcuni osservatori si chiedevano se le richieste ungheresi non fossero anche legate al fatto che il piano di rilancio economico del Paese è ancora bloccato da Bruxelles per via della diatriba sullo Stato di diritto). «Nel decidere le sanzioni bisogna trovare un equilibrio tra l’obiettivo di massimizzare l’impatto sulla Russia e il desiderio di minimizzare gli effetti sull’economia europea», riassumeva ieri il portavoce comunitario Eric Mamer. Commentava dal canto suo un negoziatore europeo: «Il problema è che troppe concessioni all’Ungheria e ad altri Stati dell’Est Europa imbarazzano gli altri Paesi, chiamati a giustificare il loro atteggiamento più fermo dinanzi alle loro pubbliche opinioni». Peraltro, secondo le informazioni circolate qui a Bruxelles, altri Paesi hanno richiesto concessioni. Sul tavolo c’è una moratoria al divieto di trasporto di petrolio russo sulle navi europee. La richiesta è giunta dalla Grecia, da Cipro e da Malta. Di recente la rivista specializzata Lloyd’s List notava che nelle ultime settimane gli armatori greci hanno recuperato il trasporto di petrolio russo diretto non più a Ovest, per via delle sanzioni americane e inglesi, ma a Est del Canale di Suez. «Se non si raggiunge un accordo entro questo fine settimana, dovrò convocare una riunione straordinaria dei ministri degli Esteri», ha avvertito l’Alto Rappresentante per la Politica estera e di Sicurezza, Josep Borrell. Nel frattempo, l’ex ministro spagnolo si è detto preoccupato dalla situazione in Transnistria, la regione moldava contesa dal Cremlino: «Ci sono delle truppe russe di stanza lì. La tentazione per la Russia di allargare il conflitto coinvolgendo la Moldavia è una possibilità».

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