STUPIDA RAZZA

giovedì 5 maggio 2022

Il premier prepara il terreno per dare l’addio

 



Anche i giornaloni cominciano a interrogarsi sulle ragioni del piglio marziale adottato da Mario Draghi da quando la Russia ha invaso l’Ucraina. Il Financial Times ha scritto che la svolta impressa dal presidente del Consiglio ha messo fine all’amicizia di lungo corso tra Mosca e Roma, segnando uno dei più grandi cambiamenti di politica estera in Europa degli ultimi anni. La Stampa a ruota ha annotato che negli ambienti politici  e ministeriali circola con sempre maggior frequenza l’ipotesi che il premier stia meditando di pilotare una crisi di governo prima della fine della legislatura, mandando il Paese alle elezioni nel prossimo autunno. A dire il vero del nuovo approccio di Draghi siamo stati i primi a parlare, accennando al fatto che l’ex governatore della Banca centrale europea non vede l’ora di lasciare la poltrona di Palazzo Chigi per guadagnare quella di segretario generale della Nato. Per questo avrebbe alzato i toni e indossato la divisa, adottando un portamento militaresco. Il suo intervento dell’altro ieri a Strasburgo sembra confermarlo, dato che il premier ha parlato di esercito europeo e di come riorganizzare l’Alleanza atlantica, argomenti che fino a pochi mesi fa non erano certo nelle sue c o rd e. Ma a far sospettare che il capo del governo voglia abbreviare la sua esperienza politica alla guida di una maggioranza multicolore concorrono anche altri fattori. Tra questi la voglia di rimettere mano al bonus del 110 per cento, fiore all’o cchiello di quel fine economista che risponde al nome di Giuseppe Conte. Se Drag hi vuole far cascare il castello delle agevolazioni sulle ristrutturazioni edili, rischiando di far cadere anche l’esecutivo, non è certo un caso. L’uomo sa benissimo che il governo è in equilibrio su una corda sottile che rischia di spezzarsi. I 5 stelle hanno sposato la linea pacifista di chi non intende inviare armi all’Ucraina e in Parlamento sono pronti a fare barricate. Aprire un altro fronte, sul bonus, dunque, può solo aggravare la precarietà della maggioranza, dato che anche la Lega su armi e agevolazioni edilizie condivide gran parte delle perplessità grilline. Ma ad accentuare il sospetto che l’ex governatore prepari le condizioni per un addio c’è anche un altro elemento. Curiosamente il premier ha anticipato la preparazione del Documento di economia e finanza, ovvero del bilancio preventivo, un atto che di solito è predisposto da settembre in poi, per essere approvato in autunno. Q ue s t’anno Draghi vuole invece anticipare le scadenze, quasi avesse fretta di fare i compiti per poi avere le mani libere. Da sempre il principale scoglio di una campagna elettorale a ottobre è la manovra di fine anno: il Paese non può essere lasciato senza un aggiustamento di bilancio e privo di un documento di previsione economica. Ma se il tutto viene anticipato a prima delle vacanze estive il problema è risolto. Eliminato l’ostacolo, la crisi di governo non è più argomento tabù e nemmeno le elezioni. Sarà un caso, ma all’i mprov viso Enrico Letta si è messo a parlare di legge elettorale, quasi che con la guerra alle porte e una recessione alle viste questo sia l’a rgomento più importante. A chi interessa il sistema con cui si nominano gli onorevoli? Ovvio, a chi si prepara a una campagna elettorale e pensa a quale sia il mezzo migliore per assicurarsi anche in futuro la guida del Paese. Detto ciò, mentre D ra g h i non vede l’ora di voltare le spalle a Palazzo Chigi per occuparsi d’altro e soprattutto non avere a che fare con una maggioranza ballerina, nel Pd puntano a un meccanismo proporzionale con soglia di sbarramento alta. Obiettivo, falciare tutti i cespugli, per rendere determinante, con Camere che avranno 300 onorevoli in meno, l’accordo fra grandi partiti. Insomma, Enrico Letta studia da premier ed è alla ricerca del modo per organizzare in Parlamento un’altra grande ammucchiata, ovvero un’a l l ea n - za fra Partito democratico, centristi, qualche pezzo leghista e forse anche qualche altro gruppo. In Germania la chiamano Grosse Koalition, da noi si traduce in grossa f regatu ra .

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