L’aumento dei tassi di interesse non è mai una buona notizia perché prelude a una contrazione della domanda e del reddito e a fasi negative dei mercati finanziari. Ma quello che le banche centrali hanno da tempo annunciato e che Christine Lagarde ha ribadito l’altro ieri, non è un aumento qualsiasi. È vero che un aumento dei tassi nell’Eurozona non si vedeva da quasi dieci anni (quello già deciso dalla Fed addirittura da venti), ma prima la crisi finanziaria e poi la pandemia avevano creato una situazione del tutto anomala: il doppio shock aveva fatto crollare la domanda e creato un vero e proprio vuoto deflazionistico, con aumenti dei prezzi vicini allo zero. L’obiettivo della Bce come è noto è di mantenere l’inflazione al di sotto del 2 per cento, ma vicino a questo valore, proprio per scongiurare eccessi in un senso o nell’altro. Dunque era assolutamente anormale un quadro con inflazione così bassa da aver dato origine al mondo surreale dei tassi negativi: non solo alcuni tassi di policy delle banche centrali, ma anche di molte obbligazioni, soprattutto se emesse dagli stati considerati più sicuri. Il ritorno ad un mondo normale non sarà una passeggiata e richiederà grande prudenza da parte delle banche centrali. Per i risparmiatori è tutto sommato una buona notizia: la caduta delle borse lascia ancora a chi ha investito nel medio termine margini di guadagno più che soddisfacenti e nello stesso tempo rende nuovamente appetibile l'investimento in obbligazioni a basso rischio. Si dovrà tornare a tassi positivi anche sui depositi bancari, da sempre una componente importante della ricchezza degli italiani. Anche le banche vedranno finalmente aumentare il loro margine di interesse, soprattutto per quelle orientate al retail come le italiane che trovano in questa voce una componente fondamentale di redditività. Poiché questo vale per gran parte del sistema bancario tedesco, in particolare per le piccole e medie banche che hanno un forte supporto politico, l'opposizione alla Bce si attenuerà notevolmente. Ovviamente per i debitori è invece una cattiva notizia e qui vale il sano principio di Warren Buffett: è quando la marea si ritira che si vede chi nuotava senza costume. Qui la domanda è: chi si è indebitato troppo, ingolosito da tassi vicini allo zero? Può trattarsi di paesi interi: il Fondo monetario nel suo rapporto di aprile sulla stabilità finanziaria ha espresso grande preoccupazione per i paesi in via di sviluppo, sottolineando che il debito pubblico è già molto elevato rispetto al reddito ed è previsto crescere ancora. C’è quindi il rischio di un circolo vizioso fra debito delle banche e debito sovrano. Non è difficile prevedere effetti negativi anche per molti operatori dei paesi avanzati, soprattutto per quelli meno solidi, che hanno aumentato notevolmente la loro esposizione debitoria perché erano scesi anche i premi al rischio. Ma da marzo, gli spread sia dei junk bonds, sia delle obbligazioni a più basso rating registrano un'impennata, superando i 1000 basis points, che non potrà non mettere in difficoltà i debitori più fragili. Anche non poche banche globali possono trovarsi in una fase di transizione non facile: un recente paper della Bce dimostra che le banche più grandi, di rilievo sistemico, sono quelle che negli ultimi anni hanno investito di più in titoli rischiosi. Perdite nel portafoglio titoli, anche consistenti, sono quindi possibili, con attenuazione degli effetti positivi a livello di sistema. L'unica cosa certa dello scenario futuro è che i tassi di interesse devono aumentare per evitare che si radichi negli operatori l'aspettativa di un'inflazione fuori controllo. Occorre agire finché le aspettative a medio termine sono ancora vicine al fatidico 2 per cento. In caso contrario rischieremmo un quadro analogo agli anni Settanta, con una spirale prezzi-salari che richiese una restrizione senza precedenti. Se la Germania registra l'inflazione più alta dalla riunificazione (7,8 per cento) è segno che oltre non si può aspettare. Non sarà facile perché oggi il livello del debito è infinitamente più elevato: la linea di demarcazione fra qualche doloroso smottamento e la frana destabilizzante è molto sottile. Non a caso il Fondo paragona l'attuale condizione delle banche centrali a equilibristi sul filo. Noi italiani diremmo che il mercato non è il Paese dei balocchi in cui l'aranciata sgorga gratis dalle fontanelle.
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
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