Il governo indiano ha annunciato ieri che, per cercare di far fronte alla crisi energetica più grave degli ultimi sei anni, ricorrerà ancora più che in passato al carbone per generare elettricità. Da una parte verranno riaperte più di 100 miniere considerate fino all’altro ieri non sostenibili sotto il profilo finanziario; dall’altra una serie di centrali elettriche alimentate con carbone di importazione saranno obbligate per legge ad aumentare la produzione anche a discapito della propria redditività. L’operazione avrà ricadute percepibili sia sul mercato domestico che quello internazionale, dato che l’India è il secondo produttore, consumatore e importatore di carbone al mondo dopo la Cina. Gli annunci di ieri giungono sullo sfondo di una situazione sempre più difficile sia per le imprese che per le famiglie indiane. I settori della produzione e della distribuzione di energia – da decenni in affanno nel tenere il passo della crescita economica e del miglioramento degli standard di vita di una popolazione di 1,4 miliardi di persone – si trovano da mesi alla prese con una ripresa più vigorosa del previsto dopo la bonaccia della pandemia. Pur avendo rivisto al ribasso le sue stime alla luce del conflitto ucraino, il Fondo monetario internazionale prevede che quest’anno l’India sarà la più dinamica tra le grandi economie emergenti del pianeta con un incremento del Pil dell’8,2%, contro il 4,4% cinese e il 3,6% globale. A febbraio l’indice della produzione industriale di New Delhi è cresciuto dell’1,7% tendenziale, in aumento sia rispetto all’1,5% di gennaio, sia allo 0,7% di dicembre. Un cambio di passo netto se raffrontato al febbraio di un anno fa quando, complici i lockdown, si era registrata una frenata del 3,2% anno su anno. L’aumento della domanda di energia innescato dalla ripresa è diventato ancora più difficile da gestire ad aprile quando, dopo il mese di marzo più caldo degli ultimi 122 anni, su una quindicina di Stati indiani si sono abbattute una serie di ondate di caldo precoci, intense e prolungate che hanno fatto schizzare verso l’alto i consumi elettrici legati agli impianti di condizionamento diffusi tra i ceti abbienti, ai più accessibili air cooler e agli onnipresenti ventilatori da soffitto. Nella capitale New Delhi – dove i mesi più caldi dell’anno sono maggio e giugno, quando i black out energetici fanno parte della quotidianità anche dei quartieri esclusivi – la temperatura massima media ad aprile è stata di 40,2° e la domanda di energia elettrica superiore del 42% rispetto a un anno fa. Per far fronte al picco di consumi il governo ha annunciato il ricorso a un articolo emergenziale della legge che governa la produzione di elettricità e che obbligherà le centrali alimentate a carbone d’importazione a operare fino al 31 ottobre al massimo della propria capacità: 17,6 gigawatt, equivalenti all’8,6% di quanto l’India genera grazie al combustibile fossile. Fino a ieri, a causa degli elevati prezzi internazionali e di contratti domestici che impediscono di trasferire ai clienti gli aumenti, funzionava solo il 43% di questi impianti per circa 10 Gw. Sul medio-lungo periodo la strategia di New Delhi passerà invece dall’aumento della produzione locale di carbone. Le 100 e più miniere destinate a venire riaperte contribuiranno a un incremento stimato in 100 milioni di tonnellate in tre anni. Già oggi, secondo le stime dell’International Energy Agency, il carbone vale il 74% dell’energy mix indiano.
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
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