STUPIDA RAZZA

giovedì 5 maggio 2022

Un flash crash travolge i listini, ma pesano più Fed e Cina

 

Un “flash crash”, un crollo improvviso delle quotazioni, dovuto probabilmente a un ordine errato inserito nella Borsa di Stoccolma, ha provocato ieri il crollo fino all’8 per cento dei listini. Ma a rendere nervose le Borse sono stati soprattutto, da una parte, l’inizio della delicata settimana della Federal Reserve che dovrebbe alzare i tassi di interesse statunitensi di mezzo punto, e non di 0,25 come avviene di solito, e dall’altra il rallentamento dell’economia globale, a cominciare dalla Cina.Ci mancava solo un «flash crash», dovuto molto probabilmente a un ordine errato inserito nella Borsa di Stoccolma, per rendere ancora più nervose le Borse all’inizio della delicatissima settimana della Federal Reserve. Mercoledì la banca centrale Usa dovrebbe infatti alzare i tassi d’interesse statunitensi non di 0,25, come avviene solitamente, ma di mezzo punto percentuale. Come non faceva dal 2000. E il mercato sconta già altri rialzi a tambur battente nei meeting successivi: altro mezzo punto (o forse addirittura 0,75) a giugno e un altro subito dopo, mettendo in scena la più veloce e forte manovra restrittiva dal 1982. Una cura da cavallo anti-inflazione che pesa sui mercati finanziari, abituati da anni ad essere sostenuti dalle generose politiche monetarie. Insomma: la festa del denaro abbondante finisce. Tutte le banche centrali sono infatti costrette a ritirarsi precipitosamente. In pochi giorni, tra questa e la prossima settimana, una dozzina di loro in giro per il mondo si riunirà: dalla Gran Bretagna, all’Australia, alla Polonia fino al Brasile. E molte alzeranno i tassi e ridurranno la liquidità pompata negli anni passati. La retromarcia monetaria, insomma, è globale. Per i mercati significa perdere il pilastro che li ha sostenuti per anni. Un certo nervosismo è dunque comprensibile, esasperato anche dal rallentamento economico globale, dalla guerra e dalla super-inflazione. Ma ieri si è sommato anche il flash crash: l’errore (così sembra) che fa crollare tutto per qualche minuto. Per fortuna è durato poco. E alla fine, le chiusure sono state negative ma “normali”: Milano -1,63%, Parigi -1,99% e Francoforte -1,45% In recupero nella serata, invece, i listini Usa. Il flash crash Cosa sia accaduto davvero lo sapremo tra un po’, al termine delle verifiche che le varie Autorità di vigilanza (inclusa la Consob italiana, che sta operando in coordinamento con le altre) hanno avviato. Sta di fatto che ieri mattina, alle 9,57, in assenza di notizie specifiche, tutti i listini europei hanno iniziato a sprofondare. L’epicentro del crash è stata la Borsa di Stoccolma, arrivata in pochi minuti a perdere fino al 7,94% rispetto alla chiusura di venerdì. A ruota sono caduti tutti i listini nordici (Copenhagen è arrivata a perdere l’8,26% e Oslo il 5%). Poi le Borse europee: Milano è scesa fino a -3,84%, Francoforte fino a -3,44% e l’indice Eurostoxx fino a -3,74%. I listini erano già negativi prima delle 10, ma la velocità del crollo è stata fulminante. E ingiustificata. Tipica dei flash crash, come quello di Wall Street del 6 maggio 2010 che portò poi ad individuare il trader da cui era partito tutto. Questa volta sembrerebbe che sia accaduta la stessa cosa: un ordine gigantesco, inserito probabilmente per sbaglio, ha causato il crollo a Stoccolma. Alcune voci raccolte da Reuters indicano che l’errore sia partito dalla banca americana Citigroup. Contattata, Citi ha risposto con un «no comment». Che sia stata la banca Usa oppure no, una cosa è certa: questo errore ha causato un’onda d’urto in tutta Europa. A propagarla in tutti i listini sono stati probabilmente gli algoritmi e il panico generale. Poi l’allarme è rientrato e alle 10,16 (cioè dopo poco più di un quarto d’ora dall’inizio del crash) gli indici sono tutti tornati quasi dove erano prima. Frastornati, ma su livelli coerenti con l’incertezza attuale. L’era del caldo-freddo Dopo settimane in cui le Borse sono riuscite a galleggiare, anche in presenza della guerra, ultimamente hanno infatti innescato la retromarcia. Se prima beneficiavano del tracollo dei mercati obbligazionari e continuavano ad attirare capitali, ora cadono insieme ai bond. Ieri è accaduto proprio questo. Sul mercato obbligazionario i prezzi sono scesi ovunque e i rendimenti sono saliti: negli Usa i titoli di Stato decennali sono arrivati al 3% (soglia che non vedevano dal 2018) e i trentennali sono arrivati a 3,05% (massimo da marzo 2019). In Europa idem: i rendimenti dei Bund tedeschi sono saliti da 0,94% a 0,97% e quelli dei BTp da 2,77% a 2,86%. Così lo spread tra i due si è allargato fino a sfiorare i 190 punti base. Contemporaneamente, come visto, anche le Borse hanno perso terreno. A pesare è la grave incertezza. Da un lato l’economia globale sta mostrando segnali vistosi di rallentamento. Non solo in Cina. Negli Usa, dopo un dato negativo sul Pil settimana scorsa, ieri l’indice Ism ha segnalato che la crescita del settore manifatturiero è sui minimi degli ultimi 2 anni. Dall’altro l’inflazione resta altissima e le banche centrali preparano la grande stretta monetaria. Questo “freddo” dell’economia unito al “caldo” dell’inflazione frastuona i mercati. E pesa sulle loro quotazioni. Al netto di flash crash che, ogni tanto, creano qualche batticuore in più.

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