STUPIDA RAZZA

venerdì 17 marzo 2023

Allerta dei produttori italiani di mangimi per le materie prime

 

Con il mais e la soia che scarseggiano sui mercati internazionali, andrà a finire che i produttori italiani di mangimi dovranno contendersi gli scarti della lavorazione del frumento e delle distillerie con l’industria delle bionergie. O toglieremo cibo ai maiali, insomma, o rinunciamo al biometano e al biodiesel per i macchinari. «Già oggi i sottoprodotti delle lavorazioni agroindustriali costituiscono un terzo degli ingredienti che compongono i nostri mangimi - racconta Silvio Ferrari, presidente di Assalzoo, l’associazione che riunisce le industrie del comparto - se volessimo aumentarne la quota, dovremmo contenderci la materia prima con chi produce bioenergia. Si tratta di concorrenti agguerriti e anche ben sostenuti dalle agevolazioni: il Governo dovrà aiutarci a dirottare gli scarti verso la nostra industria, se la situazione sui mercati internazionali dovesse farsi complicata». Come staranno davvero le cose, cioè se il battito d’ali della carenza di mais e soia in Sudamerica genererà una tempesta sugli allevamenti italiani, lo scopriremo soltanto dopo l’estate. E se davvero la siccità in Argentina dovesse portare una mancanza significativa di materia prima e prezzi alle stelle sui mercati internazionali, non basteranno certo gli scarti del frumento o del vino a salvare le cose. Così, l’allerta tra gli addetti ai lavori è massima. Ogni anno in Italia si producono 15,5 milioni di tonnellate di mangimi, per i quali mais e soia costituiscono i due ingredienti principali. Dove li prendiamo? La nostra dipendenza dall’estero è elevata: «Due anni fa - spiega Giulio Usai, responsabile economico di Assalzoo - l’Italia produceva il 50% del mais di cui aveva bisogno. L’anno scorso, anche per colpa della siccità, c’è stato un calo drastico, e ora siamo autosufficienti solo per il 30-35%». Tutto il resto, al 90% proviene dall’Est Europa. Per quanto riguarda la soia, nonostante il nostro Paese sia il più grande produttore europeo, il raccolto nazionale riesce a garantire soltanto 700mila delle 3,6 milioni di tonnellate di farina necessaria ogni anno. Più o meno il 20%. Il resto arriva dal Sudamerica: la soia sotto forma di farina è quasi tutta argentina, quella sotto forma di semi è quasi tutta brasiliana. E praticamente tutta Ogm, «così come la Ue autorizza a fare dal 1996», ricorda Usai. Che succederà allora in Italia, se davvero la siccità ha dimezzato il raccolto dell’Argentina, che è tra i principali produttori mondiali di soia e mais? Se per la soia l’impatto sarà immediato, per il mais sarà indiretto: oggi infatti l’acqua non manca solo nei campi sudamericani, ma rischia di non esserci anche in quelli italiani e in quelli dell’Est Europa. Inevitabile che si alzino i prezzi: «L’anno scorso - ricordai Usai - complice anche la speculazione, il mais era arrivato a raggiungere i 400 euro alla tonnellata, dai 170 che costava tradizionalmente. Questa settimana, alla Borsa di Milano è sceso sotto la soglia dei 300 euro». Se le cose si mettono male, rischiamo di tornare ai picchi del 2022. Una bella grana, per gli allevatori italiani: i mangimi rappresentano il 70% dei costi di produzione di un maiale. Tra gli addetti ai lavori, però, c’è anche chi è più ottimista. Ai Consorzi agrari d’Italia, per esempio, sostengono che il calo della produzione di mais e soia in alcune importanti regioni dell’Argentina, causato dalla siccità, dovrebbe essere compensato a livello nazionale dalle produzioni di Brasile e Stati Uniti, che gli analisti prevedono in rialzo: «Se queste condizioni internazionali che si iniziano a prevedere dovessero essere confermate dai fatti - scrivono - riteniamo che non dovrebbero essere previsti grossi cambiamenti per mercato e prezzi nel nostro Paese». E le farine di insetti, possono essere un’alternativa alla mancanza di qualche ingrediente? «L’industria dei mangimi non ha alcuna pregiudiziale - sostiene il presidente di Assalzoo - per noi conta solo il valore nutrizionale del prodotto. Ma al momento gli insetti non possono essere una soluzione perché mancano sia la normativa sia le disponibilità sul mercato. Eppoi molti dei nostri clienti sono allevatori che producono per le principali Dop italiane: prima di poter inserire gli insetti tra gli ingredienti, bisognerebbe cambiare i disciplinari».

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