STUPIDA RAZZA

sabato 18 marzo 2023

La Bce continua la stretta ma non parla di altri aumenti

 

«La Bce si trova su un sentiero pericoloso, il più pericoloso della sua storia, perché deve risolvere il conflitto stridente tra stabilità dei prezzi e stabilità finanziaria». Così commentava ieri un noto economista tedesco alla vigilia della riunione del Consiglio direttivo della Bce che si è tenuta ieri, e che è stata tra le più difficili, contesa tra un’inflazione «troppo elevata per un periodo di tempo troppo prolungato» e da «tensioni in atto sui mercati finanziari». La Bce ne è uscita con un doppio messaggio, tenendo divisi i due obiettivi, stabilità dei prezzi e stabilità finanziaria. A caldo, questo è bastato per convincere e tranquillizzare i mercati. La Bce ha dunque alzato i tre tassi di riferimento dello 0,50%, come nelle attese, restando fedele alle sue intenzioni e all’impegno che si era presa preventivamente perché per l’appunto l’inflazione è ancora troppo alta. Ha però ammorbidito l’orientamento che ora è più da colomba: nessuna traccia ieri della famosa frase tanto cara ai falchi («il Consiglio continuerà ad aumentare i tassi in misura significativa a un ritmo costante e a mantenerli su livelli sufficientemente restrittivi») che aveva contraddistinto le decisioni di politica monetaria del 2 febbraio. E ieri non è arrivato alcun preannuncio su dove andranno i tassi nella riunione del 4 maggio: la Bce si limita ora a dire di essere «dipendente dai dati». In quanto alle turbolenze nel settore bancario europeo e nei mercati finanziari, la Bce ha confermato di essere determinata a preservare la stabilità finanziaria, e di disporre «di tutti gli strumenti necessari per fornire liquidità a sostegno del sistema finanziario qualora ve ne sia l’esigenza», e per preservare l’ordinata trasmissione della politica monetaria. Lagarde ha detto più volte, e assieme a lei il vicepresidente Luis de Guindos, che le banche europee hanno solide posizioni di capitale e liquidità e che le loro esposizioni verso il Credit Suisse sono limitate, non sono concentrate, come emerso da una ricognizione effettuata dall’SSM. In risposta a una domanda del Sole 24 Ore, la presidente si è spinta a sostenere che il nuovo strumento di protezione del meccanismo di trasmissione della politica monetaria (scudo antispread) potrebbe essere usato nel caso  in cui le turbolenze bancarie dovessero danneggiare il meccanismo di trasmissione della politica monetaria. «Non ne abbiamo ancora discusso al Consiglio direttivo», ha ammesso Lagarde, «potrebbe essere così». Il doppio messaggio della Bce è stato ben recepito: da un lato, ha convinto la determinazione a riportare l’inflazione all’obiettivo del 2% sul medio termine, che non è diminuita per via delle tensioni sul fronte bancario. Dall’altro lato, la stessa determinazione è stata enunciata per preservare la stabilità finanziaria. In luogo della forward guidance o di indicazioni nette sui futuri rialzi dei tassi, la Bce ieri ha presentato «una novità», come l’ha chiamata Lagarde, nel definire i tre pilastri che sorreggeranno la reazione di funzione in futuro: le decisioni sui tassi di riferimento saranno determinate 1) dalle valutazioni sulle prospettive di inflazione alla luce dei nuovi dati economici e finanziari, 2) dalla dinamica dell’inflazione di fondo, 3) dall’intensità di trasmissione della politica monetaria. Cosa significa tutto questo? Significa che in passato la Bce si è dovuta muovere velocemente, e ha dovuto decidere una serie di rialzi (l’inasprimento più forte dalla nascita dell’euro), per potersi almeno avvicinare a quel tasso abbastanza restrittivo (tasso terminale o peak rate) tale da ricondurre l’inflazione al target del 2% sul medio termine. Questa velocità ora non serve. Dopo sei rialzi, che hanno portato il tasso dei depositi da -0,50% nel luglio 2022 al 3% ieri, la Bce ritiene di essere arrivata in terreno restrittivo e che quindi da ora in poi le decisioni non saranno più incondizionate come nei mesi passati ma circostanziate, basate sui dati e tenendo conto dall’andamento dell’inflazione. La reazione di funzione dipenderà da tre fattori, ha spiegato Lagarde; le proiezioni macroeconomiche, perché la Bce guarda avanti. Le proiezioni dello staff dell’Eurosistema ieri hanno rilevato un’inflazione complessiva IAPC in calo nel 2023 al 5,3% rispetto al 6,3% pronosticato lo scorco dicembre; al 2,9% nel 2024 (3,4%) e 2,1% (2,3%). Visto che c’è molta incertezza, e che le proiezioni sono basate su modelli econometrici meno affidabili rispetto al passato, la Bce intende basare le prossime decisioni di politica monetaria guardando ad un’altra evidenza di rinforzo, per fare un controllo incrociato. Il secondo pilastro della reazione di funzione è indicato nelle dinamiche dell’inflazione di fondo, cosiddetta underlying inflation, da non confondersi con la core inflation. Quest’ultima, infatti, è l’inflazione al netto dei prezzi energetici e dei beni alimentari ed è solo una delle tante: l’inflazione core al netto dei beni energetici e alimentari ha continuato ad aumentare a febbraio e gli esperti nelle proiezioni si attendono una media del 4,6% nel 2023, livello più elevato di quello anticipato nelle proiezioni di dicembre. La Bce usa numerose inflazioni underlying: alcuni valori ora sono ancora molto elevati, altri stanno scendendo. Infine, per poter valutare la velocità con la quale arrivare al tasso terminale, il terzo pilastro della reazione di funzione della Bce sarà «l’intensità di trasmissione della politica monetaria» ovvero la velocità con la quale le condizioni del credito a famiglie e imprese si inaspriscono. Una volta raggiunto il tasso terminale, che è «abbastanza restrittivo cioè restrittivo quanto basta per riportare l’inflazione al 2% sul medio termine», la Bce vi rimarrà per il tempo necessario. Come ha detto Lagarde in conferenza stampa, c’è ancora strada da fare.

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